intervento di F. Aurora del Cuz zona 18/19 di Milano, al Convegno del 20/12/76 Come è anche contenuto nella relazione iniziale, occorre sottolineare che Medicina Democratica non nasce come organizzazione formata da soli medici o tecnici della salute, ma al seguito dell’esperienza di lotta di […]
Archivio storicointervento di un compagno in divisa al Convegno di Medicina Democratica di Roma 28 febbraio ‘76 La salute non è «l’assenza di malattie diagnosticabili» ma è il mantenimento del benessere psico-fisico dell’individuo». Questa affermazione apparentemente scontata é la conquista di anni di lotta di massa […]
Archivio storicoRIVISTA n.1intervento del Consiglio dei Delegati della Scuola Speciale G. Negri del Comune di Milano – 20 dicembre ’75 Il consiglio dei delegati della scuola speciale per bambini spastici G.Negri del Comune di Milano ritiene, con questo intervento, di portare il proprio contributo di esperienze […]
Archivio storicointervento di F. Aurora del Cuz zona 18/19 di Milano, al Convegno del 20/12/76 Come è anche contenuto nella relazione iniziale, occorre sottolineare che Medicina Democratica non nasce come organizzazione formata da soli medici o tecnici della salute, ma al seguito dell’esperienza di lotta di […]
Archivio storicointervento di F. Aurora del Cuz zona 18/19 di Milano, al Convegno del 20/12/76
Come è anche contenuto nella relazione iniziale, occorre sottolineare che Medicina Democratica non nasce come organizzazione formata da soli medici o tecnici della salute, ma al seguito dell’esperienza di lotta di tutto il movimento operaio negli ultimi anni.
E giusto quindi che negli organi direttivi della costituenda «Medicina Democratica Movimento di lotta per la salute facciano parte lavoratori rappresentativi del movimento con particolari esperienze nel campo della lotta per la salute.
Oltre ai lavoratori e alle lavoratrici delle fabbriche si deve pensare a dare il giusto risalto a quei gruppi (specie di donne) che sul territorio operano per la difesa della salute; che si inseriscano quindi anche delle casalinghe negli organismi direttivi.
Anche con queste premesse si potrà evitare il pericolo, giustamente espresso nell’introduzione di fare di Medicina Democratica un momento burocratico di coordinamento dei vertici delle varie realtà politiche….
occupazione e salute
Ancora, come è già stato notato, va respinta con forza l’idea che la lotta per la salute in fabbrica e nel territorio vada portata as vanti in momenti «più favorevoli». Le masse popolari oggi stanno pagando gli effetti di una crisi che non hanno në voluto. se provocato. E non è solo un problema di Sottrazione (in parte o del tutto) di salario; l’aumento dello sfruttamento in fabbrica e la mancata attuazione di riforme sociali fanno pagare oggi più di ieri alle masse in termini di salute.
La tenuta del movimento operaio si deve esprimere anche attraverso un approfondi
mento del temi della salute e delle strutture che la gestiscono per modificarle, per cambiarle. E la costruzione oggi di questo movimento di lotta per la salute è uno dei segni di questa tenuta.
dalla fabbrica al territorio
I lavoratori che sono riusciti in qualche modo ad ottenere dei cambiamenti all’interno del loro luogo di lavoro, lo hanno fatto non delegando i loro interessi a nessuno.
E necessario però che la lotta per la salute venga generalizzata in tutte le fabbriche, che vengano respinti i tentativi di monetizzazione che oggi di nuovo affiorano.
Ma è altresì necessario che la non delega esca dalla fabbrica: investa il territorio, il quartiere. Ed è ancora delegare, il metodo molto spesso usato di affidare a sociologio «esperti» l’indagine su qualche tema della salute o altre eseguita attraverso la compilazione di massa di questionari che affidano a delle crocette lá risposta ad esigenze fondamentali della gente.
Al contrario si debbono ricercare, anche con difficoltà. dei «gruppi omogenei» di quartiere, di caseggiato, di cortile, ecc. dove si possano avere delle risposte esaurienti, politiche, a quelle che sono le reali necessità del gruppo e dove l’analisi deve avvenire nel rispetto della crescita politica delle persone, onde evitare facili strumentalizzazioni.
II CUZ della zona 18-19 sta portando avanti delle esperienze in questo senso, in particolare riguardo a due problemi:
A) l’apertura dell’Ospedale al territorio. Da alcune fabbriche è uscita l’esigenza di avere delle vite mediche «mirate» c.d. di 2 livello. La disponibilità di un reparto dell’Ospedale S. Carlo (il reparto di Fisiopatologia Cardiorespiratorial ha permesso Feffettuazione di queste visite. Questo anche in base ad esigenze espresse dallo Smal servizio di medicina preventiva per gli ambienti di lavoro), ci ha portato a richiedere Pagibilità di altri ambulatori e servizi. Ospedalieri.
I discorso e il rapporto con i lavoratori dell’ospedale si è ulteriormente ampliato e precisato,
Si è iniziato a parlare del Dipartimento d’urgenza e accettazionepunto acquisito e non attuato del contratto degli ospedalieri: la commissione salute del CUZ, în stretto. collegamento con il C.d.D. dell’Ospedale. ha prodotto un documento di base per richieste precise nei confronti dell’Amministrazione Ospedaliera e della Regione. Va inoltre aggiunto che tale rapporto fra lavoratori delle fabbriche e lavoratori del l’ospedale sta creando una discussione sul Problema generale delle strutture sanitarie che si vogliono radicalmente modificate e gestibili dal basso.
B) I Consultori per la medicina della donna
La discussione è nata in una fabbrica della zona. la Recordati, a prevalente mano d’o pera femminile, dove l’intervento dello SMAL. ha portato, approfondendo la realtà di lavoro della donna in fabbrica, a sviscerare il problema femminile nella sua complessità
Con il Comitato Sanitario della zona 19 si è iniziato a parlare di consultorio e si è formata una commissione femminile del CUZ con lo scopo di approfondire l’argomento per chiedere Fapertura di uno o più consultori in quartiere.
Sono nati collegamenti fra gruppi di donne già esistenti in quartieri diversi con lo stesso scopo.
Si vuole infatti arrivare all’apertura di un consultorio che nasca direttamente dalle esigenze delle donne che, attraverso le loro esperienze negative e la loro visione positiva, possano formulare e richiedere un tipo di Consultorio adeguato alle loro esigenze. Oltre che creare nuovi gruppi omogenei sul territorio e nelle fabbriche il CUZ si preoccupa dei problemi di gestione che porrà l’apertura di uno o più consultori in zona. Il discorso della gestione (che può anche essere ricondotto al problema del Dipartimento) viene affrontato da noi in questi termini: in primo luogo si richiede un’equipe di persone che lavorino in maggioranza a tempo pieno; si richiede inoltre che non vengano concessi finanziamenti a chi intende (privati) aprire consultori, che la gestione politica venga affidata ad organismi pubblici (CSZ, Consigli di Zona, amministrazioni ospedaliere); che il CUZ e i comitati di quartiere rappresentativi di una realtà di massa esercitino il controllo sulla gestione e sull’andamento dei consultori o del dipartimento.
Per una nuova scienza medica
Un compagno operaio, mi sembra del CUZ della zona 7, ricordava com’è difficile per gli operai comunicare.
Ognuno sa quali sono le cose che non vanno, è in grado di dire da solo come devono cambiare, ma gli resta la difficoltà della socializzazione.
D’altro canto la medicina oggi sta apparendo sempre di più per quello che è: úno strumento al servizio del profitto, lontano dalle esigenze delle masse.
I compagni medici che possiedono la scienza borghese sono tuttavia capaci di socializzare la loro scienza e i difetti che in essa appaiono.
E compito della costituenda Medicina Democratica fare la sintesi di queste due realtà per ottenere una nuova scienza che sarà. spero, radicalmente diversa da quella attuale.
È necessario darsi un metodo di ricerca. Medicina Democratica deve essere un centro di raccolta di tutte le esperienze di lotta sulla salute e deve preoccuparsi di avviare delle pubblicazioni critiche.
Inoltre Medicina Democratica può mettersi al servizio delle masse attraverso un’opera di allargamento della coscienza sul tema della salute: i momenti di lotta contrattuale o le 150 ore possono servire, se rịchiesti dal sindacato e dai C D.F. per questa opera di apertura e di allargamento della coscienza sul problema della salute.
intervento di un compagno in divisa al Convegno di Medicina Democratica di Roma 28 febbraio ‘76 La salute non è «l’assenza di malattie diagnosticabili» ma è il mantenimento del benessere psico-fisico dell’individuo». Questa affermazione apparentemente scontata é la conquista di anni di lotta di massa […]
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intervento di un compagno in divisa al Convegno di Medicina Democratica di Roma 28 febbraio ‘76
La salute non è «l’assenza di malattie diagnosticabili» ma è il mantenimento del benessere psico-fisico dell’individuo». Questa affermazione apparentemente scontata é la conquista di anni di lotta di massa del movimento operaio e dei lavoratori, contro la forza politica dei padroni e la loro egemonia culturale.
Infatti, benchè oggi la malattia abbia spesso origine proprio dalle condizioni sociali di vita e di lavoro, la medicina borghese tenta soltanto di curare invece di prevenire, si limita per lo più a far tacere alcuni sintomi con l’uso spregiudicato di farmaci, e quando non vi riesce reprime, condanna, emargina, rinchiude.
Le condizioni di lavoro si fanno più pesanti: la crisi per gli operai significa più sfruttamento, situazioni di maggiore nocività, più incidenti sul lavoro. I quartieri e le borgate sono focolai di epidemic, con alloggi umidi e malsani, mentre la città, soffocata dal cemento, è priva dei servizi sociali fondamentali. Le donne, condannate al doppio lavoro esterno e di casalinghe, sia per la mancanza dei servizi sociali, sia per la violenza ideologica della medicina borghese e patriarcale nei loro confronti, sono costrette ad abortire clandestinamente, e spesso per questo anche a morire. I vecchi, gli handicappati, i malati di mente, gli invalidi. sono ridotti alla segregazione perchè non «produttivi».
Gli ospedali sono sempre più insufficienti: pochi, dislocati male, peggio gestiti, centri di potere e di clientela: prolifera la speculazione privata sulla salute.
chi ha gestito l’assistenza sanitaria ed il paese fino ad oggi porta la responsabilità di tutto ciò
Partendo dalle generali lotte operaie si è sviluppato oggi nel paese un grande movi
mento di massa che si batte per affermare
il principio che la difesa della salute non può esser delegata a tecnici o burocrati, ma va assunta dalla popolazione mediante il controllo operaio e popolare sulle strutture sanitarie e rifiutando qualsiasi ruolo di controllo e repressione da parte degli operatori sanitari.
Come nella società anche nell’esercito si sono sviluppate in questi anni lotte per la difesa della salute, dapprima spontanee, isolate, poi sempre più coscienti ed organizzate. Tali lotte si inseriscono oggi nella battaglia contro la ristrutturazione è più in generale nel movimento che i soldati democratici conducono per la difesa dei propri diritti, contro lo sfruttamento in caserma e in tutta la società divisa in classi.
Nell’ottobre del 1975, a Casale Monferrato, muore per come diabetico una giovane recluta di ventanni, Clelio Ramadori. Ė inutile dire che Clelio poteva salvarsi con un semplice esame delle urine, l’hanno ammazzato lasciandolo morire come un cane. Lo ricordiamo e lo prendiamo come simbolo della nostra lotta contro l’ignobile apparato della sanità militare.
Suicidi, «incidenti» mortali, malattie accidono ogni anno circa 180 soldati di leva. migliaia si ammalano seriamente, subiscono ferite, traumi di gravità rilevante e danni fisici e psichici che spesso fasceranno un segno per tutta la vita.
la condizione di vita del militare di leva
Le condizioni igienico ambientali, la struttura oppressiva delle Forze Armate, le -cosiddette attività militari e la ristrutturazione sono le cause delle malattie dei soldati.
È facile dimostrare che tutto, durante il servizio militare, è un attentato continuo alla salute e spesso alla vita dei soldati.
Tutto, dal rancio ai servizi igienici, all’acqua potabile può diventare e diventa fonte di nocività.
Perfino quelli che dovrebbero essere dei servizi per i bisogni elementari e fisiologici dei militari, diventano a loro volta fattori morbogeni: latrine maleodoranti e infette, cassoni dell’acqua diventati vere culture biologiche di germi, magazzini alimentari infestati da topi e parassiti di ogni genere, docce spesso prive di acqua calda in cui ol tre a non uscire puliti si può anche uscire infetti da micosi, ricambio di tutta la biancheria inefficiente, cucine e refettori dove uno strato di grasso e di ferciume ricopre ogni cosa. Sono solo alcuni esempi già noti e confermati di recente anche da lettere a giornali, testimonianze di soldati, infermieri e persino di ufficiali medici.
Naturalmente da queste condizioni ambientali derivano tutta una serie di affezioni: malattie infettive, malattie della pelle, malattie gastro-enteriche e malattie da ratfreddamento. È purtroppo noto che i soldati non si ammalano soltanto di raffreddori e bronchiti: in questi ultimi anni si è avuto infatti uno sviluppo superiore alla norma della tubercolosi polmonare tra i soldati di leva, e frequenti sono attualmente anche i casi di pleurite ed epatite virale.
Accanto a questa patologia vi è quella derivante direttamente dalla struttura oppressiva dell’esercito che si caratterizza come patologia da disadattamento.
L’atteggiamento esplicito delle gerarchie è quello di opprimere i soldati per poterli piegare alla propria volontà. È questo l’unico modo che conoscono di fare il proprio lavoro, e se ne vantano.
L’esercito della borghesia, cane da guardia dei padroni. non ha bisogno di uomini come esseri pensanti, ma di strumenti, di automi che debbono poter essere utilizzati docilmente.
L’attacco all’equilibrio psico-fisico del militare si attua sin dal primo giorno, dal momento della partenza, quando viene sradicato dalla propria vita sociale per essere sbattuto in un ambiente diverso ed i nospitale, la caserma; all’esterno della quale troverà una difficoltà enorme ad instaurare un rapporto che non sia commerciale con la popolazione civile.
All’arrivo viene numerato, catalogato, immatricolato, incasellato. Da allora la sua attività di essere pensante non è più richiesta. anzi è osteggiata, la sua giornata è già
programmata nei minimi dettagli, deve soltanto ubbidire, eseguire, mai domandare il perché. L’inutilità evidente di tutto ciò che deve fare diventa subito un peso. Durante i cosiddetti periodi di addestramento e di lavoro il militare deve stringere i denti, per cimentarsi con esercitazioni dure, servizi e guardie interminabili. In altri periodi invece prevale la noia. La giornata viene riempita di diversivi; adunate, file interminabili, ecc. Si è progressivamente spersonalizzati, senza rendersene conto, correndo qua e là inutilmente, con la paura di sbagliare, la tensione continua. l’umiliazione, i ricatti.
L’ideologia corporativa viene propagandala senza veli; l’individualismo, l’egoismo, la prepotenza, furbi contro fessi, nonni contro spine, il Nord contro il Sud, il miglior plotone, la compagnia più brava. ‘Italiano, il Maschio.
Per imporre la disabitudine al lavoro intellettuale non sono previsti spazi per poter scrivere, leggere, riflettere: la sala scrittura e lettura, ad esempio, è aperta, quando lo è, trenta minuti ogni 2-3 giorni. In questo modo le uniche letture dei soldati sono Jacula. Maghella, i porno-giornaletti, le uniche discussioni animate sono quelle sul campionato di calcio e sugli organi sessuali femminili. Il culto del maschio viene coltivato per bilanciare la repressione sessuale.
In sostanza: regressione dell’età mentale come regressione culturale, politica, socia le, sentimentale, sessuale,
È facile comprendere, dunque, perchè si sviluppino le malattie psico-somatiche, l’ansia, l’ipereccitabilità; perchè proliferino l’alcoolismo e altre tossicomanie ed infine perché non infrequentemente si arrivi a vere e proprie alterazioni dell’equilibrio psichico di preoccupante gravità. Tristemente noti sono i casi di suicidio.
Sul giornale di Medicina Militare redatto dal Ministero della Difesa, in un articolo sul «Rapporto tra la selezione psichiatrica e la profilassi criminologica nelle Forze Armate», si legge che …partendo dall’importanza fondamentale che per le Forze Armate riveste il problema dell’adattamento del contingente di leva all’attuale ambiente militare…, è evidente che la nostra attenzione debba essere portata su alcuni gruppi sociali, che divengono sempre più numerosi per l’abnormità del loro comportamento e della loro condotta, e che inevitabilmente danno luogo ai tipici reati militari»,
Vi è infine da considerare la nocività derivante direttamente dalle cosiddette attività. militari e dipendente oggi dalla ristrutturazione delle Forze Armate che impone un aumento dei ritmi, dei tempi, dei carichi di lavoro e quindi dei rischi. E una patologia caratterizzata da ferite semplici e contuse, distorsioni, fratture, ferite da arma da fuoco, ecc. In questo ultimo periodo si è notato ovunque un aumento degli addestramenti e delle esercitazioni pericolose con evidente aumento dei rischi per la vita dei soldati ed un generale peggioramento delle condizioni di vita, con riduzione dei riposi, licenze, ecc. Questo stato di cose inoltre si ripercuote sulla salute dei militari per il defedamento generale che produce, fisico e psichico, l’abbassamento di tutte le difese organiche e quindi la predisposizione a tutte le patologie già descritte.
la struttura della sanità militare e il personale
Vediamo schematicamente quale è la situazione.
Gli ambulatori e le infermerie spesso inesistenti, sono noti per essere privi persino delle strutture di base, per non parlare poi delle attrezzature mediche e di pronto soccorso. La farmacopea militare è lodevole per la sua semplicità: le pillole bianche per i dolori, quelle grigie per la bronchite, la cascara come leggero lassativo, la penicillina a litri in barba agli studi sulle resistenze batteriche.
Per capire che cosa sia veramente un Ospedale Militare, al di là delle battute denigratorie che i sovversivi fanno circolare sulla sua inefficienza, bisogna sapere che il medico di guardia ha un compito preciso: capire se si tratta di un’urgenza vera o no e, nel primo caso, far ricoverare immediatamente il soldato in un ospedale civile. Dopo l’una del pomeriggio è inutile sperare di trovare chirurghi, anestesisti, laboratoristi, ecc.
L’ospedale militare, anche volendo, non potrebbe offrire che uno scarso servizio, mancando completamente gli operatori sanitari non medici: tecnici, portantini, infermieri. Queste mansioni vengono svolte da quelli che si chiamano, a seconda dei casi, collaboratori o imboscati: sono i soldati che si fanno ricoverare per evitare la vita di caserma. Sono loro che raccolgono le anamnesi, distribuiscono le medicine. «assistono» i malati.
L’unica terapia possibile è la cosiddetta Licenza di convalescenza, durante la quale il soldato si fa curare a proprie spese. È ovvio che l’ospedale militare è un luogo dove la divisione di classe raggiunge livelli addirittura razzisti: vi sono infatti i padiglioni per la truppa dove vengono ammucchiati i soldati, e quelli per gli ufficiali fatti di piccole stanze con tutti i comforts del caso. Al Celio si arriva perfino alla vergogna della chirurgia per soldati e la chirurgia per gli ufficiali.
Il personale sanitario è formato da pochi assistenti di sanità, che fanno un pseudo corso di poche settimane, assolutamente non qualificato, e si trovano poi ad avere delle gravi responsabilità. Si tratta di giovani presi a caso, avvocati, elettricisti, diplomati, operai………
1 sottotenenti medici di complemento, neolaureati inesperti, provenienti da facoltà che non insegnano nulla, fanno un corso ideologico di medicina legale di due mesi a Firenze. Sono loro quelli che, bene o male, portano avanti tutta la struttura sanitaria. Infatti, su 1800 posti necessari, solo 1050 sono realmente occupati; di questi 280 sono di carriera, i rimanenti sono giovani di complemento.
Gli ufficiali di carriera hanno solo l’esperienza che gli deriva dalla sanità militare e la loro unica preoccupazione è quella della organizzazione interna e della (redditizia) attività esterna.
che cos’è la medicina militare
In questa situazione quale medicina viene praticata? Non solo non viene nemmeno considerata la medicina preventiva, ma viene perfino ignorata quella curativa terapeutica. La medicina militare è essenzialmente medico-legale, fiscale, repressiva.
Tutto lo prova. Alla visita medica si risponde sempre con un provvedimento medico-legale: riposo-servizio-servizio interno-servizio punibile. Cioè il medico deve soprattutto capire se il soldato sta male o se è un «lavativo», e tutti i chiedenti visita sono sospettati di essere lavativi. Inoltre il riposo comporta sempre la perdita della libera uscita.
Per evitare complicazioni «burocratiche» la nomenclatura nosologica viene regolarmente alterata e modificata. La scabbia diventa un generico eczema, e l’epatite virale un’innocuo ittero: non bisognerà in questo modo fare denunce alle autorità competenti. Vi è persino un uso repressivo del farmaco: al soldato che «rompe» perchè ha i dolori reumatici si prescrivono tranquillamente dieci fiale di B 12, notoriamente dolorose, «così la smette».
Sia in infermeria che in ospedale la diagnosi non viene comunicata all’interessato, ma gli si riferisce soltanto se è idoneo o no, se ha avuto una licenza di convalescenza o
rio.
Sull’articolo 28 dell’Elenco delle imperfezioni e malattie causa di esonero dal servizio militare, riguardante le malattie nervose ci sarebbe da fare un lungo discorso. Basterà qui ricordare che è un’arma in mano alle gerarchie usata con sollecitudine per togliere di mezzo i più insofferenti», anche se questi rimarranno bollati per tutta la vita.
Sempre nell’articolo prima citato del giornale di Medicina Militare si legge che: «i soggetti disadattati all’ambiente militare differiscono dalla popolazione comune e si avvicinano ai nevropatici ed agli psicopatici in secondo luogo i soggetti che si adattano male alla istituzione militare sono in definitiva quelli che hanno dato scarsa prova di adattamento alle istituzioni familiari, scolari, professionali, psico-sessuali, religiose e morali»,
come intendiamo muoverci
La drammaticità della situazione denunciata non ci esime dal sottoporre a critica il lavoro svolto sinora. Sono nate lotte spontanee, divise tra loro, isolate dal tessuto sociale esterno, ma soprattutto lotte di sola denuncia, rimaste tali senza nemmeno riuscire a scuotere l’opinione pubblica. Adesso questa fase è finita.
Non vogliamo più fare denunce o chiedere solidarietà. Vogliamo organizzare delle lotte. Lotte nelle caserme, che per prima cosa mobilitino la massa dei soldati, riorganizzino il movimento all’interno e parallelamente si colleghino all’esterno alle strutture del movimento di classe.
E con questa consapevolezza che abbiamo partecipato al convegno romano di Medicina Democratica, perchè vogliamo essere partecipi della lotta generale per la difesa della salute che cambi tutta questa società malata.
Per questo intendiamo muoverci promuovendo a breve termine due inchieste «attive» cioè che considerino i soldati soggetti e non oggetti dell’indagine. La prima, che deve interessare ogni soldato, riguarda le condizioni soggettive di ciascuno disagi, malattie, disturbi…; la seconda si deve rivolgere più specificatamente ai nuclei, ai compagni aiutanti di sanità, ai sottotenenti medici democratici e deve dare delle indicazioni più precise, «tecniche» sulla situazione.
L’ipotesi politica su cui crediamo di poter lavorare, e che vorremmo discutere con tutti i compagni, è che la struttura della sanità militare così come oggi si configura, come strumento nocivo di repressione e normalizzazione, non va razionalizzata. non può essere corretta o migliorata, finchè assolve questo compito. Va invece sconvolta integralmente tale struttura. imponendo con la lotta di massa l’applicazione integrale dell’articolo 52 della Costituzione, in ottemperanza al quale va garantito l’esercizio dei diritti politici costituzionali ai cittadini chiamati alle armi e quindi anche del diritto di manifestare il proprio pensiero, di organizzazione democratica, di riunione, il diritto all’informazione, alla libertà personale ecc.
Una lotta di massa che imponga il diritto alla salute puntando, ed è questo il punto essenziale, a rompere la cappa di piombo che copre caserme e ospedali militari, a portarvi dentro (per sconvolgerli) le strutture della società civile e democratica, che i lavoratori hanno strappato con la lotta e quindi anche l’ente locale, la regione, le strutture sanitarie comunali. Vogliamo sapere cosa ne pensa il medico provinciale dei casi di epatite virale nelle caserme del territorio, se gli sono stati denunciati e che provvedimenti ha prese.
Vogliamo lanciare una campagna di massa contro la tubercolosi e le malattie infettive fra i militari di leva.
Vogliamo soprattutto cominciare ad imporre la medicina preventiva utilizzando auche le strutture civili. Per cominciare potremmo utilizzare, dopo discussione con i consigli dei delegati degli ospedali, durante le ore di libera uscita. le strutture ambulatoriali ospedaliere e di quartiere, per visite ed analisi di laboratorio, così da avere, con la conoscenza della diagnosi, almeno una prima arma di difesa contro le gerarchie. Ricordiamo che i soldati, a differenza degli ufficiali, non hanno alcuna mutua
Dobbiamo strappare subito la possibilità di chiamare a consulto medici ed operatori sanitari democratici all’interno dell’ospedale militare, su richiesta del soldato.
Dobbiamo imporre visite igienico-sanitarie periodiche, pubbliche, nelle caserme, alle cucine, alle camerate e alle infermerie, e nello stesso ospedale militare, con la prospettiva strategica che la Sanità Militare non esista più come corpo separato dalle strutture del Servizio Sanitario Nazionale.
La base di tutto questo è naturalmente non soltanto la mobilitazione esterna del movimento, ma soprattutto la lotta dei soldati dentro le caserme, con propri strumenti di analisi e momenti specifici di mobilitazione che riescano a piegare ic gerarchie sui punti qualificanti della medicina preventiva e dell’igiene.
Lotta dunque per la difesa della nostra salute come soldati, ma anche come operai, studenti, e lavoratori che indossano la divisa, insieme a tutti i lavoratori, gli operai. gli studenti, le donne che lottano all’esterno per la salute, per una medicina della vita, per una società progressiva e non repressiva, per la società socialista.
RIVISTA n.1intervento del Consiglio dei Delegati della Scuola Speciale G. Negri del Comune di Milano – 20 dicembre ’75 Il consiglio dei delegati della scuola speciale per bambini spastici G.Negri del Comune di Milano ritiene, con questo intervento, di portare il proprio contributo di esperienze […]
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intervento del Consiglio dei Delegati della Scuola Speciale G. Negri del Comune di Milano – 20 dicembre ’75
Il consiglio dei delegati della scuola speciale per bambini spastici G.Negri del Comune di Milano ritiene, con questo intervento, di portare il proprio contributo di esperienze alle lotte sulla salute che la classe operaia e le masse popolari stanno conducendo in questa fase di duro scontro con il governo e i padroni. La scuola Negri è la scuola speciale del Comune di Milano per bambini motulesi (spastici, miodistrofici, ecc.); di fatto, grazie alle scelte dei lavoratori, da alcuni anni ospita bambini con handicaps multipli e gravissimi finalizzando il suo impegno soprattutto all’inserimento dei bambini nelle scuole normali per poi seguirli in quelle strutture fino alla totale integrazione. Oggi i bambini inseriti, esterni, e seguiti dalla scuola sono una cinquantina mentre quelli che ancora la frequentano sono oltre 150.
Le conseguenze dell’attacco padronale e governativo ai livelli di vita della classe operaia si vedono anche all’interno di una struttura emarginante – ma anche emarginata – come la scuola speciale dove noi lavoriamo e che è una delle tante istituzioni assistenziali. Queste conseguenze sono di due tipi :
1) per i lavoratori aumento dei carichi di lavoro giustificati dal fatto che «manca il personale», mentre chiunque oggi sa come il padronato faccia di tutto perchè i disoccupati siano sempre di più.
2) sui bambini handicappati assistiti che non solo vivono condizioni di emarginazione gravissime nonostante l’impegno dei lavoratori ma che, sempre di più, per l’insoddisfazione dei bisogni più elementari delle loro famiglie (un lavoro sicuro, una casa, un’assistenza e dei servizi adeguati) tendono ad essere emarginati in situazioni ancora peggiori della scuola Negri, quali i manicomi e gli istituti assistenziali, per lo più religiosi, di cui quello della Pagliuca è un esempio e non certo il peggiore.
Il discorso sul significato dei manicomi e degli istituti pubblici e privati potrà essere approfondito, speriamo, dai lavoratori che vi operano. Noi, per conto nostro, possiamo affermare che, tutte le volte che abbiamo potuto avere incontri con questi lavoratori, abbiamo riscontrato livelli di sfruttamento bestiali sia sui lavoratori che sui bambini, mentre l’esistenza degli istituti è finalizzata esclusivamente al mantenimento delle clientele della De e di grossissimi interessi economici del Vaticano.
In questo senso condividiamo le proposte di leggi popolari per l’abolizione degli istituti assistenziali e riteniamo che debba comprendere istituti privati e religiosi nel nome di una pubblicizzazione che parta da un progressivo coinvolgimento, sul problema, della classe operaia e quindi sia basata sul suo controllo diretto, nonchè sul coinvolgimento dei lavoratori degli istituti stessi e degli utenti. Per quanto riguarda la scuola Negri siamo partiti due anni
fa con dure lotte finalizzate ad un miglioramento delle condizioni di lavoro come mezzo indispensabile per un miglioramento delle condizioni del servizio per i bambini. Questo ha portato alla costituzione di una struttura sindacale di base, il CdD, che vedeva rappresentati tutti i lavoratori dipendenti comunali (circa 150 fra bidelli, fisioterapisti, tecnici, sanitari, ecc.) mentre vedeva l’autoesclusione delle insegnanti statali della scuola (40 circa) arroccate in difesa di vecchi privilegi (doppi stipendi, orari «elastici», modesti carichi di lavoro),
Le lotte furono attuale con l’unità, molto importante, con i genitori dei bambini e portarono ad una progressiva presa di coscienza da parte di tutti (lavoratori, genitori ed anche alcune insegnanti) della situazione di emarginazione vissuta dai bambini della scuola e della conseguente necessità di finalizzare l’intervento educativo. didattico, riabilitativo ad un rapido inserimento dei bambini nelle strutture normali. A questo punto il limite più grosso delle lotte fu l’isolamento in cui i sindacati e l’Amministrazione Comunale riuscirono a mantenerle fino al 15 giugno.
11 15 giugno ha rappresentato nella scuola un momento molto importante: si pensò che fosse venuta finalmente l’ora di trasformare questa struttura da emarginante in un reale servizio sociale per i lavoratori, per le masse popolari del quartiere e per l’inserimento dei bambini con handicap anche gravissimi nelle strutture normali.
È presto per esprimere giudizi definitivi sulla nuova situazione, ma ancora una volta i lavoratori hanno verificato che delegare, anche se all’amministrazione rossa, la soluzione dei loro problemi e di quelli dei bambini era stato un errore: infatti, mentre da una parte l’Ente Locale, nel nome di problemi molto più gravi in altri settori, continuava e continua a trascurare le proposte dei lavoratori della scuola, dall’altra quei lavoratori (la minoranza dei lavoratori di base, ma la maggioranza delle insegnanti), che dall’esistenza di una scuola così come è traggono piccoli e grandi privilegi, hanno intrapreso una lotta ad oltranza per impedire ogni sostanziale cambiamento della scuola. Inoltre una serie di tecnici sanitari e didattici, che pure erano stati con i lavoratori di base della scuola nelle lotte, in questa fase tendono a privilegiare un falso efficientismo che, fianco di nessun miglioramento delle condizioni di emarginazione dei bambini, comporta un ulteriore aumento dei carichi di lavoro.
Obiettivamente si sono realizzate conquiste a livello di crescita di coscienza sul problema dell’emarginazione nella società capitalistica, del lavoro nel settore dei servizi, della qualificazione del lavoro nella scuola e fuori, mentre quello che è mancato e manca tutt’ora è il passaggio ad una fase in cui si eserciti realmente il controllo dei lavoratori sul servizio.
Su questo punto non mancano le responsabilità anche della classe operaia, nonchè la scarsa sensibilità dei Consigli Unitari di Żona e della stessa nuova Amministrazione Comunale, che tende a privilegiare i rapporti con i tecnici sanitari e didattici, ormai universalmente individuati dai lavoratori come reazionari e noti crumiri diventati di «sinistra» all’ultima ora, anzichè rivolgersi a quelle strutture di base dei lavoratori, di cui il CdD della scuola Negri è solo un esempio.
La lettura della mozione per la costituzione di «Medicina Democratica-Movimento di Lotta per la Salute» è stata in questo senso estremamente importante, in quanto non solo sentivamo l’esigenza di un movimento di questo genere, ma anche perchè tutta una serie di contenuti che la mozione esprime ci sembrano validissimi e riportabili anche in strutture assistenziali come la nostra.
Soprattutto il discorso della non delega è molto importante
non solo per i lavoratori, ma anche per i genitori dei bambini, che dopotutto sono sempre altri lavoratori, ma che, per il fatto di avere la sventura di avere un bambino handicappato, in questa società sono costretti a delegare costantemente, a supplicare per ottenere, a vendersi ideologicamente a preti e padroni pur di ottenere almeno una speranza, a fare milioni di debiti per pagare medici ciarlatani che promettono guarigioni impossibili e per i quali al più presto sarà indispensabile realizzare la sacrosanta giustizia operaia, con le modalità e nelle forme che la classe operaia nelle sue lotte storicamente si è data.
RIVISTA n.1 Documento elaborato da Medicina Democratica di Pavia su relazione della Commissione Psichiatria marzo ’76 Fino agli anni ’60 il problema delle tossicomanie era di scarsa rilevanza sociale. Più che altro in Italia si avevano sporadici casi personali di soggetti (per lo più appartenenti […]
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RIVISTA n.1
Documento elaborato da Medicina Democratica di Pavia su relazione della Commissione Psichiatria marzo ’76
Fino agli anni ’60 il problema delle tossicomanie era di scarsa rilevanza sociale. Più che altro in Italia si avevano sporadici casi personali di soggetti (per lo più appartenenti a categorie sociali elevate) dediti alla tossicomania, tipico esempio i medici morfinomani.
Il fenomeno diviene di massa a partire dagli anni ’60, soprattutto negli Usa. Vedere come ivi si è sviluppato il problema è emblematico per comprendere i meccanismi di diffusione nel mondo di questo fenomeno.
Il movimento di massa nato nelle Università, nei ghetti delle minoranze etniche, e in generale dagli strati emarginati dal benessere della «American Way of life» produsse una cultura che si contrapponeva ai valori dominanti (individualismo, competitività, supremazia della razza bianca, imperialismo). E’ in questo periodo che si hanno le prime marce contro la guerra in Vietnam. la contestazione del «Movement» nelle Università, le ribellioni e i tentativi di ritrovare una individualità etnica da parte dei negri delle altre minoranze.
All’interno di questo fenomeno rientra la diffusione dei derivati della canapa indiana e degli allucinogeni, prima naturali (peyote, psilocibina) e poi sintetici (Lsd). Da una parte ciò esprime il recupero di culture come la afroasiatica è la latino-americana e dall’altra il tentativo di ricreare valori antagonisti a quelli dominanti (non aggressività, comunicazione più profonda. non competitività, comunitarismo).
Contemporaneamente avviene da parte del potere un rilancio dell’eroina che negli Usa, dalla prima guerra mondiale in poi, aveva attecchito fra i reduci della guerra di Corea e nei ghetti negri più emarginati (Cfr. «Autobiografia di Malcom X»).
Gli Usa, attraverso il controllo politico-militare dei paesi orientali coltivatori di oppio, rilanciarono la diffusione delle droghe pesanti, prima fra gli stessi combattenti in Vietnam, per annullare le contraddizioni esplosive che costoro vivevano, coscienti dell’assurdità della guerra imperialista. Le decine di migliaia di reduci furono le prime vittime, insieme ai negri, ei primi diffusori di un fenomeno che lo Stato cerco di far penetrare anche fra gli strati che internamente erano fattore di tensione sociale e politica. Il modo collaudato, che verrà riapplicato anche nel nostro paese, è giocare: 1) sulle leggi di mercato (lancio a prezzi stracciati e poi via via crescenti dell’«Ero», repressione del mercato autonomo delle droghe leggere), 2°) sulla repressione poliziesca (pene eccessive per consumatori di cannabis e simili, protezione e incentivazione degli spacciatori di eroina).
I fenomeno in Italia si sviluppa attorno alla fine degli anni
’60 limitatamente ai derivati della cannabis (Marijuana e hashish). Il mercato si sviluppa lentamente e in maniera disorganizzata attraverso coloro che tornano dai paesi produttori portando modici quantitativi e con una distribuzione molto dispersa. Gli echi della cultura «underground» americana e spunti culturali nati da alcuni contenuti innovatori del 68 sono il substrato che permette un attecchimento di questo fenomeno.
L’eroina è completamente estranea a questa situazione e non esiste una domanda. La campagna scandalistica impostata dai mezzi di comunicazione, orchestrata dall’apparato di potere. la caccia al drogato che si identifica con la caccia al giovane, al capellone, all’extraparlamentare, oltre a provocare una psicosi di massa su questo tema, prepara la diffusione dell’eroina e delle droghe pesanti, da un lato creando confusione totale, anche scientifica, dall’altro creando il mito del paradiso artificiale e proibito. Gli unici consumatori di eroina in questo periodo sono i giovani fascisti più legati alle varie mistiche nietschiane ed evoliane, i giovani di S. Babila e dei Parioli che diventeranno i futuri spacciatori e divulgatori della droga.
Due fattori hanno concorso a mutare il quadro della situazione negli ultimi due anni. Il primo elemento che permette un attecchimento delle droghe pesanti è dovuto all’accentuarsi della crisi economica, che implica aumento della disoccupazione e della sottoccupazione, sempre emarginazione degli strati non produttivi.
Con la crisi economica si accentua la crisi dei valori borghesi; contemporaneamente viene a cadere l’illusione conseguente al ’68 di un rinnovamento radicale delle condizioni di vita: un’intera generazione viene investita dalle conseguenze sia sul piano economico che su quello della sicurezza esistenziale.
In secondo luogo la presa a carico direttamente dai gruppi mafiosi e legati ai centri di potere politico del mercato dell’eroina. Questo avviene in quanto l’eroina permette profitti immensamente maggiori: il mercato nasce centralmente, senza concorrenza, inoltre la droga provocando assuefazione diviene indispensabile al tossicomane che è spinto ad allargare il mercato, diventando frequentemente piccolo spacciatore per procurarsi le ingenti somme necessarie (circa 10.000 lire una dose media). Per favorire questo mercato è stata orchestrata una campagna pubblicitaria tipo «offerta speciale», circa un anno fa, in cui l’eroina veniva offerta a prezzi irrisori (1.500-2.000 lire la dose); nel frattempo si accentuava la già pesante repressione dell’uso. spaccio e importazione dei derivati della canapa indiana.
Perchè l’eroina? L’eroina trasforma le contraddizioni sociali in drammi individuali, smorza la carica di ribellione trasformandola in passività e apatia, diventa pertanto uno strumento perfetto di controllo sociale. Un altro meccanismo che si innesta in questo processo è la criminalizzazione di questi bisogni, che è un altro alibi per alimentare una campagna il cui significato repressivo valica i limiti di una «lotta alla droga».
Fino all’introduzione della recente legge non esistevano strumenti legislativi riguardo le tossicomanie, ma veniva usato il codice Rocco, che contemplando articoli specifici lasciava largo campo ad ogni abuso in base ad un’applica
zione esclusivamente repressiva. Ancora più repressivo avrebbe voluto essere il progetto di legge Gonella del 1974 del «fermo di droga»; la sua funzione era inserire degli articoli specifici che si mantenevano nella linea logica del codice fascista.
Il passaggio da questa fase ad un atteggiamento diverso degli organi di stato, cioe non più puramente repressivi, ma più ambiguo, postulato dalla nuova situazione political conseguente al 15 giugno è motivato dalla necessità di aprire la gestione del problema alle forze politiche, non solo governative, che trovano la loro espressione nel mosaico ampiamente rappresentativo degli Enti Locali, là dove queste forze per i precedenti rapporti politici non avevano avuto voce in capitolo nei tempi in cui il problema anzichè combattuto veniva generato.
alcune considerazioni sull’uso e sugli effetti dell’eroina e della canapa indiana
EROINA.
A proposito dell’eroina, e più in generale del «buco» (somministrazione endovena di droga pesante), praticato anche con altri prodotti, è per lo meno possibile azzardare una sintesi sugli effetti sperimentati soggettivamente da chi ne fa uso voluttuario: un senso di benessere immediato, statico, autosufficiente, con eliminazione di angoscia, tensioni, ansia, frustrazioni, problemi, pur con ampie e importanti variazioni individuali. Dal minimo di esperienza che abbiamo, possiamo dire che in genere chi ne fa uso, almeno nell’ambiente studentesco, si rende lucidamente conto che bucando in realtà non affronta i suoi problemi, ma ha già deciso più o meno l’impossibilità di risolverli in altri termini.
Se, però, è vero che l’offerta preme e supera la domanda. conquistandosi strati anche relativamente ampi di giovani, possiamo avanzare l’ipotesi che queste persone, genericamente insoddisfatte, non inizino affatto ad usare eroina in piena coscienza, ma la consumino appunto indotti dalla forte pressione del mercato, anche a causa della disinformazione, venendo poi coinvolti in un uso stabile che comporta il costituirsi di un circolo vizioso verso l’emarginazione. Questo è importante per approfondire il problema della terapia: a) quasi impossibile a livello dell’eroinomane tradizionale; b) da ridiscutere di fronte a questo nuovo tipo di
consumatore.
Tutti ammettono per l’eroina una tolleranza alta, l’istaurarsi di una dipendenza fisica precoce con gravi sindromi d’astinenza; idem per la dipendenza psicologica; cosicchè il rischio di tossicomania (definito come il rischio di un coinvolgimento globale del consumatore rispetto all’uso della sostanza) è alto. L’uso cronico porta in tempo variabile al deterioramento delle condizioni fisiche generali; frequente l’insorgenza di epatite virale per l’uso di siringhe infette; il superdosaggio o l’aggiunta di sostanze tossiche come la stricnina (usata per aumentare la quantità del prodotto, quindi il profitto) sono spesso causa di morte.
CANAPA INDIANA
Gli effetti rilevabili per chi fa uso di canapa indiana (generalmente si fuma) sono talmente modesti, labili e controversi che nel giudizio su di essa è fondamentale l’atteggiamento di partenza in cui ci si pone. contrariamente a quanto succede nel caso di altre sostanze, in particolare dell’ero. Parlare degli effetti soggettivi della canapa indiana, alle dosi usuali, significa più che altro raccogliere una serie di esperienze individuali diverse, che inoltre sono influenzate dalla dinamica psicologica del gruppo nel momento in cui si fuma; niente affatto rara la sensazione soggettiva di non percepire assolutamente nulla di particolare. La canapa non aggiunge niente di più di quello
che ha in se stessa, mentre in genere evidenzia e amplifica il tempo che si sta vivendo in quel momento e le sensazioni percepite. L’effetto è di breve durata. Se si usano dosi molto forti, si possono sperimentare allucinazioni, stati di panico e di paura della morte.
Tossicità: la dose letale è enorme, data anche la via di somministrazione e la bassa concentrazione del principio attivo (The) che si ritrova anche nelle preparazioni migliori; è possibile teoricamente, in realtà quasi impraticabile, l’uso a scopo suicida.
Tolleranza: secondo alcuni, sarebbe di tipo diverso, rispetto all’effetto euforizzante, cioè i consumatori abituali” sarebbero più sensibili degli altri; esiste tolleranza rispetto all’abilità ad eseguire determinati compiti standard, dato che l’abilità è lievemente diminuita rispetto alla norma dei neofumatori, uguale alla norma dei consumatori abituali. C’è chi riferisce al contrario l’insorgere di tolleranza diretta rispetto agli effetti principali; c’è chi la nega rispetto a tutti gli effetti.
Dipendenza fisica: è esclusa da tutti gli autori. Dipendenza psicologica: paragonabile a quella delle sigarette di tabacco. Rischi di tossicomania: rarissima l’inṣorgenza di tossicomania da cannabis. É importante notare che Fuso cronico della cannabis, contrariamente a quello che si verifica per gli alcoolici, non dà lesioni epatiche, cerebrali, cardiocircolatorie, nè causa deperimento organico, in quanto, contrariamente al vino, stimola l’appetito anche se nei paesi dove è in uso a livello di massa, esistono casi di ricovero in ospedale psichiatrico per uso massiccio e prolungato (da notare che sembra accertato che un metabolita dell’alcool, legandosi ad un mediatore chimico. la serotonina, agisce a livello degli stessi recettori della morfina).
L’uso di canapa indiana aumenta il rischio di diventare consumatori di eroina? Tutte le statistiche che sembrano avvalorare questa tesi si fondano sul riscontro che in un campione di eroinomani, molti di questi hanno fatto uso di canapa prima di passare all’ero. Nell’interpretare questi dati teniamo presente che nel passato di un eroinomane si riscontrano diverse esperienze, alcune estremamente drammatiche e scegliere tra queste e quella del fumo e considerarla come causa determinante è arbitrario e mistificante. Una ricerca corretta dovrebbe scegliere un campione adeguato di fumatori di canapa e verificare in che percentuale diventano eroinomani.
E vero che oggi dato che il consumo di canapa che di ero sono soggetti ad uno stesso mercato clandestino, chi fuma canapa è etichettato come «drogato» e ghettizzato esattamente come chi usa ero; inoltre è costretto a frequentare e a inserirsi nell’ambiente dello spaccio che propone continuamente l’eroina, dati i maggiori profitti. E quindi presumibile che le occasioni di aggancio aumentino, però per ragioni che con gli effetti della canapa in sè hanno poco a che fare. Nell’ambito di questo discorso, importanti sono le condizioni psicologiche e socio-economiche di partenza: chi fa parte di un ambiente socialmente disgregato ed economicamente svantaggiato è sottoposto a questo rischio (contraddizioni più drammatiche aspettative maggiori nei confronti della canapa clamorose delusioni ricorso all’eroina) anche perchè spesso diventa piccolo spacciatore.
Sintomatico il dato recente di una maggior frequenza di aggancio all’ero senza aver mai consumato in precedenza altre sostanze stupefacenti, rilevato nell’interland milanese.
la legge
La legge 22 dicembre 1975 della disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope al suo titolo 1o, articolo 1° prevede tra l’altro che «La prevenzione cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza da sostanze stupefacenti o psicotrope sono sottoposte alle direttive, indirizzo e coordinamento del Ministero della Sanità». L’art. 7 del medismo titolo stabilisce però che «il Ministro per l’Interno costituisce con suo decreto un ufficio di direzione e coordinamento dell’attività di polizia volta alla prevenzione ed alla repressione del traffico illecito delle sostanze stupefacenti o psicotrope».
Questa frattura tra prevenzione e cura dall’uso e prevenzione e repressione del commercio è criterio costante e fondamentale di questa legge, ma, in larghissima misura, non corrisponde alla realtà di fatto per cui il tossicomane per il fatto stesso di aver dimestichezza con gli ambienti dello spaccio e per evidenti ragioni economiche é esso stesso generalmente un piccolo spacciatore.
Il titolo secondo sarebbe dedicato alle autorizzazioni, ma è stato già aggirato con un decreto ministeriale firmato ginsto prima della mezzanotte del giorno in cui veniva pubblicata la nuova legge sugli stupefacenti: il ministro Gullotti ha sottratto al rigoroso controllo previsto dalla legge le case farmaceutiche italiane per un totale di 5 tonnellate di droga pesante: morfina e derivati (vedi «La Repubblica del 18 gennaio 76, pag. 4).
Il terzo titolo contiene disposizioni relative alla coltivazione, ecc. Sorprende al titolo quarto (disposizioni relative alla distribuzione) il quarto comma dell’art. 38 che vieta la fornitura a medici veterinari di campioni delle sostanze stupe facenti o psicotrope maggiori ma permette quella di «sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori» di quelle suddette come pure di «prodotti ad azione ansiolitica, antidepressiva o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di abuso e alla possibilità di farmacodipendenza». Non solo, ma,per quanto concerne molti di questi ultimi, le farmacie non sono neppure tenute ad iscriverli nell’apposito registro di entrata è di uscita per loro previsto dall’art. 62 del 6 titolo (della documentazione e custodia).
Viene così permessa una loro circolazione incontrollata di cui la tossicologia ha già messo in luce i pericoli per quanto riguarda le tossicodipendenze vere e proprie (miscugli di benzodiazepine, aspirina e alcolici per es.) e che comunque lascia nell’ombra quell’enorme mercato di farmaci ansiolitici antidepressivi che è per se stesso fenomeno di tossicodipendenza di massa, legale, favorito potentemente dall’indirizzo non preventivo e spesso nemmeno terapeutico, ma sintomatico della medicina in Italia e su cui comunque l’industria farmaceutica ha già dato recentemente prova di saper speculare (vedi caso Amilit).
In appendice alla legge sono, inoltre, state compilate delle tabelle elencanti per vario grado di tossicità le sostanze e le specialità farmaceutiche: non sono noti i criteri con cui ogni specialità è stata assegnata ad un gruppo; secondo alcuni clinici queste tabelle sono un tentativo scandaloso di rendere inefficiente il dispositivo di legge», come nel caso della pentazocina ed altre anfetamine a cui è stato concesso di non rientrare nella tabella 1, cioè quella degli stupefacenti più pericolosi. In effetti la suddivisione tra tabelle (specialmente tra la 3 e la 5) sembra fatta più in base alla provenienza industriale che alla reale tossicità del prodotto.
È però il titolo ottavo (della repressione delle attività illecite) che più ci interessa. L’art. 71 prescrive che «chiunque senza autorizzazione produce, fabbrica, estrae, offre, pone in vendita, distribuisce, acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, procura ad altri, trasporta, importa, esporta, passa in transito o illecitamente detiene fuori dall’ipotesi previste dagli artt. 72 -80 sostanze stupefacienti e psicotrope di cui alle tabelle la (grossolanamente: oppio, morfina e succ., cocaina, anfetamine, allucinogeni vari, tetraidrocannabinoli) e 3a (barbiturici) previsti dall’art. 12 è punito con la reclusione da 4 a 15 anni e con la multa da 3 a 100 milioni di lire (omissis) se taluno dei fatti previsti dai precedenti commi riguarda sostanze classificate nelle tabelle 2a (cannabis indica e succ.) e 4a di cui all’art. 12 si applicano la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 2 a 50 milioni.
Si impongono qui due considerazioni.
La prima è che le droghe leggere, comunque le si considerino, non presentano per se stesse pericoli maggiori dell’alcool etilico.
La seconda, corollario della prima, è che se il loro traffico viene punito ciò viene giustificato o con un falso in campo tossicologico (che cioè le droghe leggere siano pericolose quanto le pesanti) o con la considerazione che gli spacciatori di eroina e consimili se ne servono per creare un mercato sul quale fare poi attecchire i secondi e ben più redditizi prodotti,dopo aver fatto sparire dalla circolazione l’«erba» ei suoi succedanei.
Questa ultima considerazione è quella più condivisa e per certa parte vera: ma il problema non si risolve con il proibizionismo di un prodotto che di fatto non è più pericoloso di altri non solo liberamente commerciati ma addirittura reclamizzati dai grandi mass media, nè coinvolgendo nella stessa condanna il proselitismo a due tempi degli spacciatori di droghe pesanti ed il commercio «autogestito» da alcuni gruppi di giovani in base ad una «ideologia dell’erba» senz’altro discutibile, ma non nei termini di repressione borbonica previsti dalla legge.
L’art. 72 precisa: «chiunque fuori dell’ipotesi dell’art. 80 senza autorizzazione o comunque illecitamente detiene ( Omissis) o cede a qualsiasi titolo anche gratuito modiche quantità di sostanze classificate nelle tabelle la e 3a previste dall’art. 12 per uso personale e non terapeutico di terzi» rischia due-sei anni di reclusione e 100.000 2 milioni di multa, uno-quattro anni e 100.000-6 milioni se le sostanze appartengono alle tabelle 2a e 4a. Il problema se sia da punirsi il tossicomane che nel contempo eserciti pure il piccolo spaccio viene risolto dichiarando che è meno punibile lo spacciatore di modiche quantità di tossico. Questo è uno degli articoli che più contribuiscono a vanificare il millantato contenuto liberalizzatore nei confronti del tossicomane e della sua necessità d’essere considerato in tutta altra luce.
L’art. 73 punisce chiunque consente che un locale pubblico, un circolo privato ovvero un immobile, un ambiente o un veicolo a ciò idoneo» e di cui abbia la disponibilità venga adibito a luogo di convegno di persone che vi si dedicano alla droga. Anche qui si colpiscono allo stesso modo coloro che, per lucro o altro, agevolano uso di stupefacenti o psicotropi come per esempio un gruppo di tossicomani che si ritrovino in un dato ambiente di cui abbiano loro stessi disponibilità,
Tra l’altro è assiomatico che certi rituali collettivi che implicano un certo grado di socializzazione, quindi una buona maturità personale, e sono perciò più caratteristici del mondo culturale delle droghe leggere, vengano consumati, a differenza delle droghe pesanti, in luoghi di incontro comune come su descritti. Sia ben chiaro che nessuno è chiamato ad approvarli ma è grottesco che per questa loro consuetudine i giovani tossicomani perdono il diritto di essere considerati come tali per divenire invece comune delinquenti. Incalza l’art. 75 «quando tre o più persone si associno allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dagli artt. 71,72,73 coloro che promuovono, costituiscono, organizzano o finanziano l’associazione sono puniti per ciò solo, con la reclusione non inferiore a quindici anni e con la multa da lire 50-100 milioni.
Per il solo fatto di partecipare all’associazione la pena è la reclusione da tre-quindici anni e la multa da 10-50 milioni». Caduta ogni differenziazione il grande corriere internazionale della droga non corre, ammesso che li abbia mai corsi, più pericoli del giovane fumatore di marijuana che si consorzia con amici, fumatori anch’essi ben inteso, per procurarsi con più costanza e minor costo l’«erba», «La pena è aumentata se il numero degli associati è di 10 o più persone o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all’uso di stupefacenti o psicotropi».
Se si voleva punire il ricatto con cui i trafficanti coinvolgono nel traffico i tossicomani perchè non farlo in maniera più esplicita? Questo comma dell’art. permette di infierire di più proprio su quelle organizzazioni «autogestite» che in genere trattano droghe più leggere e comunque poco hanno a che fare col grande traffico internazionale delle droghe pesanti che dovrebbe essere principale obiettivo della legge.
Si vede come la sospensione di giudizio per «chi illecitamente acquista o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope allo scopo di farne uso personale terapeutico» e comunque «purchè la quantità delle sostanze non ecceda in modo apprezzabile la necessità della cura in relazione alle particolari condizioni del soggetto» e la medesima sospensione per «chi illecitamente acquista o comunque detiene modiche quantità delle sostanze innanzi indicate per farne uso personale non terapeutico» (art. 80) sono ridotte al caso, più teorico che reale, di uno che si droga, senza aver mai fatto nulla per entrare attivamente nel «giro» che fornisce il prodotto, senza coinvolgere amici o luoghi di sua proprietà.
Tra l’altro «per i delitti previsti dagli articoli 71, 73, 75 e 76 2° e 3° comma è obbligatorio il mandato di cattura» (art. 83) in compenso «chiunque si trovi in stato di custodia preventiva o di espiazione di pena e sia ritenuto dall’autorità sanitaria abitualmente dedito all’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope ha diritto di ricevere le cure mediche e l’assistenza necessaria a scopo di riabilitazione. A tal fine il Ministro per la Grazia e Giustizia organizza con suo decreto, su basi territoriali, reparti carcerari opportunamente attrezzati» (art. 84).
E presumibile in base alla legge che quest’ultimi vengano a rivestire un ruolo di primo piano nella «moderna» assistenza italiana al problema delle tossicomanie. Per le regioni che amino perseverare nella creazione di ghetti in cui confinare la «devianza» segnalo l’ultimo comma dello stesso art. 90: «l’istituzione del comitato regionale e dei centri può essere inquadrata in organi di prevenzione e di INTERVENTO CURATIVO, riabilitativo e di assistenza sociale aventi finalità più ampie e ricomprendenti la prevenzione e la cura dell’alcolismo, l’educazione sanitaria e sociale contro altre intossicazioni voluttuarie e gli strumenti per prevenire le forme di devianza che richiedono analoghi modi di intervento».
Più direttamente ai medici interessano i titoli X (per centri medici e assistenza iniziale) e XI (interventi preventivi curativi e riabilitativi),
L’art. 90 istituisce insieme un comitato regionale per la prevenzione delle tossico dipendenze, che coadiuva e controlla gli altri enti regionali, provinciali e comunali, nonchè raccoglie i dati statistici, e uno o più centri medici e di assistenza sociale con funzioni di consulenza specialistica, di intervento e controllo sui presidi sanitari, di attuazione di «ogni opportuna iniziativa idonea al recupero sociale degli assistiti». Ma soprattutto (art. 95) i centri sono depositari delle schede sanitarie che obbligatoriamente il medico che ha in terapia un tossicomane deve ad esso inoltrare.
È vero che «coloro che hanno chiesto l’anonimato hanno diritto a che la loro scheda sanitaria non contenga le generalità ed ogni dato che valga alla loro identificazione» (art. 95 ultimo comma) ma è inevitabile che anche qui l’istanza di controllo sociale, come vedremo a scopo repressivo, che fa da contrappunto ad ogni momento «liberale», o preteso tale dalla legge, emerga; ed infatti l’art. 96 sancisce che «ove la persona non si sottoponga a cura volontaria o l’interrompa, l’esercente la professione medica ha l’obbligo di farne immediata segnalazione al più vicino dei centri previsti dall’art. 90 allegando la scheda sanitaria di cui al precedente art, «Il centro accerta che la persona si sottopone o meno al trattamento e di nuovo» in caso di rifiuto «il centro deve segnalare il fatto al pretore ai soli fini degli artt. 99 e 100» (che presto esamineremo).
Uguale segnalazione deve essere effettuata quando l’interessato interrompe volontariamente le cure mediche o il trattamento sociale di cui ha ancora bisogno qualora l’interruzione pregiudichi le cure in corso» (art. 97). Il medico si fa dunque poliziotto.
Una legge così attenta а non sbilanciarsi mai fra le due figure emblematiche del problema, il medico e il poliziotto non può costringere il primo ad invadere il campo del questurino senza che questi gli renda il favore così, e significativamente, lo stesso art. 96 al suo quarto comma stabilisce che «gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno…l’obbligo di accompagnare al presidio sanitario più vicino chiunque sia coltó in stato di intossicazione acuta derivante dal presumibile USO di sostanze stupefacenti o psicotrope» . Ciò si accompagna, non è il caso di dirlo all’immediata «segnalazione al più vicino dei centri di cui all’art. 90 e al pretore». Costui accertata con l’ausilio di un perito (un medico legale) la sussistenza di una delle cause di non punibilità, da una parte dichiara di non doversi procedere (art. 98 comma terzo) dall’altra «sentito l’interessato e assunte, se necessario,le opportune informazioni, qualora ne accerti la necessità e l’urgenza adotta con decreto motivato, i provvedimenti indicati nell’art. 100 e in ogni caso trasmette immediatamente gli atti al tribunale competente» (art. 99).
L’art. 100 ci informa al suo terzo comma che «l’autorità giudiziaria premessi gli opportuni accertamenti e sentito in ogni caso l’interessato e il competente centro medico e di assistenza sociale qualora ravvisi la necessità del trattamento medico ed assistenziale dispone con suo decreto il ricovero ospedaliero, con esclusione degli ospedali psichiatrici, se assolutamente necessario o le opportune cure ambulatoriali o domiciliari».
Il momento della massima solennità è anche quello della massima confusione: anche se in modo eccessivamente ristretto la legge si prefigge di rinunciare a perseguire il tossicomane in quanto tale, rinuncia a comminargli pene ma non sa rinunciare a comminargli qualcosa che sancisca che il drogato è pur sempre «speciale» dal punto di vista legale e gli prescrive perciò, per legge, la salute.
Se a ciò il tossicomane non si assoggetta ambulatoriamente, egli verrà segregato non più in un istituto di pena bensì in un istituto di salute». Disposto il trattamento medico ambulatoriale se l’interessato interrompe le cure e rifiuta di riprenderle, l’autorità giudiziaria, può disporre il ricovero in un idoneo istituto ospedaliero, con esclusione degli ospedali psichiatrici» (art. 100, quinto comma). Se i decreti divengono oggetto di reclamo (nel giro di 30 giorni) la esecuzione può essere sospesa dal giudice competente al quale viene però concesso (art. 101) di prendere non meglio precisati è perciò tanto più minacciosi «provvedimenti temporanei che si rendano necessari».
Smascherare l’ipocrisia della legge, denunciare il ruolo poliziesco a cui medici e strutture ad essi affidate vengono costretti, far luce sulle matrici politiche tanto del fenomeno droga quanto di una tale inadeguata e spesso mistificante risposta legislativa è dovere che investe tutti gli operatori democratici nel campo della salute.
RIVISTA n.1 Esperienze di un avvio di lotta per la salute a Colleferro in ordine ai problemi della nocività, e condotta da un gruppo di lavoro (costituito da quadri operai e da tecnici della salute) confluente in Medicina Democratica per la costituzione del movimento a […]
Archivio storicoRIVISTA n.1 Esperienze di un avvio di lotta per la salute a Colleferro in ordine ai problemi della nocività, e condotta da un gruppo di lavoro (costituito da quadri operai e da tecnici della salute) confluente in Medicina Democratica per la costituzione del movimento a Roma. Testimonianza stesa da Marino Vulcano e Carlo Bracci, Colleferro è un comune di 19176 abitanti nella quasi totalità famiglie operaie. È posto all'estremità meridionale della provincia di Roma e ne costituisce la zona di più antica e intensa industrializzazione. Gli occupati nelle fabbriche dell'area cittadina sono: circa 3200 alla Snia; 470 all'Italcementi, 150 all'Aerochemie. I lavoratori delle 2 fabbriche più importanti (l'Aerochemie è una promanazione della Snia e vi si fabbricano missili!) provengono: 50% dal comune e 50% dai paesi limitrofi per la Snia, mentre per l'Italcementi solo il 35% abita a Colleferro. Questa distribuzione è dovuta in parte alla carenza degli alloggi, il cui costo è quasi pari a quello di Roma, in parte al reclutamento clientelare della manodopera in alcuni paesi vicini. La differenza tra le due percentuali è legata al fatto che la vecchia proprietà dell'Italcementi (Cementi Segni), possedendo una cava nel comune di Segni, aveva stipulato con il comune stesso una convenzione per la quale era obbligato ad una percentuale standard di assunzioni fra gli abitanti del comune. A ciò si aggiunge che l'area (e Segni in particolare) è un feudo del sottogoverno di Andreotti con tutto quanto di negativo il clientelarismo appunto comporta. Indiscutibilmente un Comune operaio; lavoratori delle fabbriche sorte con i contributi della Cassa del Mezzogiorno nell'area di Frosinone. Indiscutibilmente un comune operaio, eppure la Giunta (attualmente è in crisi a causa di un procedimento giudiziario per lottizzazione abusiva e per l'uscita di 2 consiglieri) è retta da De e Psdi. L'insediamento industriale e la situazione politica sono causa di gravi danni per la salute dei lavoratori all'interno delle fabbriche e di inquinamento del territorio circostante. Da rilevarsi che le fabbriche sorgono proprio nell'agglomerato urbano. Le iniziative di lotta in difesa della salute sono state ostacolate sino ad oggi dal potere dei padroni, sostenuto da forme di sindacalismo giallo, che macroscopicamente si estende al di fuori della fabbrica: la Snia possiede, per esempio, un patrimonio immobiliare gestito utilizzando l'assegnazione degli alloggi anche allo scopo di dividere i lavoratori; · per l'assunzione dei quali, alla Snia, era, sino a poco tempo fa, indispensabile la presenza del parroco alle sedute di selezione. Quanto è stato fatto in passato, partendo da lotte spontanee o da iniziative dei sindacati provinciali, non si è poi strutturato in una organizzazione capace di dare continuità alla azione operaia. In questo contesto ci si è trovati a dover stabilire una precisa metodologia di intervento che, quindi, si articolasse dall'analisi dei fattori di nocività alla sensibilizzazione dei lavoratori e viceversa. I primi contatti tra i componenti dell'attuale gruppo di lavoro si sono avuti quando alcuni compagni, che ne fanno parte, si sono incontrati nel contesto del Comitato Promotore Romano di Medicina Democratica. A questi incontri hanno fatto seguito incontri promossi e agevolati dal sindacato provinciale con i delegati Cgil dei consigli di fabbrica per una prima valutazione obiettiva delle specifiche realtà. I processi produttivi, per quel che attiene alla Snia, sono complessi ed in alcuni reparti coperti da segreto militare, quindi la direzione aziendale ha un eclatante pretesto per non fornire ai lavoratori le notizie che Legge e Contratto di categoria prevedono circa la elencazione delle sostanze usate e la loro eventuale nocività. Si pone così anche il problema del contrasto tra le norme che reggono il segreto militare e l'art. 9 dello Statuto dei lavoratori, evidenziando un nodo che è indispensabile sciogliere al più presto onde forme obsolete non abbiano a vanificare la totale possibilità operativa di una conquista operaia. La ricostruzione del processo produttivo da noi applicata si muove attraverso le seguenti fasi: individuazione delle sostanze usate, alcune delle quali conoscibili daglı operai solo con la denominazione commerciale; - individuazione dei metodi particolari di preparazione, facendo riferimento ai procedimenti generali della chimica industriale, ben tenendo presente, però che questo è il momento in cui si specifica la reale natura della fabbrica che tale realtà può, rispetto al medesimo processo, articolarsi in forme diverse a secondo dei reparti. Ad esempio sempre alla Snia, la produzione di resine poliesteri avviene sia a ciclo chiuso che con miscelazione a mano dei vari componenti. Nel primo caso il problema è quindi quello della validità e della manutenzione degli impianti in relazione a possibile dispersione; nel secondo, invece, al di fuori di ogni altra possibile considerazione, si impone la modificazione del processo produttivo perchè è intollerabile che i lavoratori siano direttamente esposti a sostanze altamente tossiche. Su questa base il lavoro va sviluppandosi secondo il metodo usuale delle assemblee di gruppo operaio omogeneo per l'individuazione dei fattori di rischio e l'elaborazione di piattaforme rivendicative. Allo stato sono in atto: l'analisi generica della nocività delle sostanze allo scopo di fornire al consiglio di fabbrica schede tossicologiche aggiornate ed una serie di incontri con i delegati dei consigli stessi onde preparare assemblee, corsi di formazione sindacale giungere alla dotazione dei delegati stessi di strumenti per i rilievi ambientali più importanti. A tale proposito è allo studio un corso di addestramento.. Viene utilizzata anche la possibilità di un rapporto diretto con i lavoratori interessati all'indennizzo, onde collegare questo settore a quello più vasto della prevenzione. Per grandi linee la Snia si struttura nei seguenti reparti: 1) Esplosivi con 500 addetti. 2) Chimico, con 200 addetti 3) Galvanico, con 30 addetti. 4) Metalmeccanico, con 300 addetti. 5) Munizionamento, con 400 addetti. 6) Caricamento, con 200 addetti. 7) Amministrazione e tecnici, 600 addetti. 8) Stampaggio resine, 40 addetti. 9) Centro Studi, 200 addetti. L'area della fabbrica si estende per circa 8 Kmq di cui 2/3 occupati dal reparto esplosivi e caricamento. Ad una prima rilevazione clinica si fanno carico: alla sezione Esplosivi: riduzione dell'attività sessuale (curata dal medico di fabbrica con una misteriosa pillolina gialla, che a detta degli interessati «non serve a nulla... e al dunque è meglio non pensarci più»), emorragie nasali, ustioni, abbassamento della pressione arteriosa e cefalea cronica direttamente ricondicubili all'assorbimento continuo di nitroglicerina presente nel reparto. Si è rilevato inoltre che ai lavoratori è vietato bere anche modiche quantità di vino ai pasti nei giorni in cui lavorano. Al reparto Chimico si fa carico di produrre reumatismi, artrosi cervicale. ulcere, intossicazioni epatiche, bronchiti croniche, asma, ipotensione arteriosa (nella quasi totalità degli addetti), anemia. Si specifica che il reparto chimico comprende la produzione di resine poliesteri, di detersivi, di derivati delle resine suddette (quali la lana di vetro), di insetticidi (esteri fosforici), di anidridi ftalica e maleica (gli addetti a questa lavorazione lamentano tutti «indebolimento» della schiena e delle articolazioni). Si segnala anche la presenza di rumorosità superiore ai 100 decibel. Al reparto galvanico i lavoratori sono esposti ad acidi forti, cianuri, acido cromico, soda caustica. Il procedimento avviene in vasche aperte ed i lavoratori hanno evidenziato atrofia del setto nasale sino alla perforazione, cefalee, bronchiti, insufficienza epatica. Al reparto metalmeccanico si fa carico di casi di silicosi, di dermatiti, di artrosi, di reumatismi. I 400 addetti alla Manutenzione sono esposti ovviamente a tutti i rischi della fabbrica. Al Munizionamento si riscontrano diminuita attività sessuale e sterilità (probabile causa l'alta temperatura ai forni e ai raggi infrarossi), dermatiti allergiche e malattie epatiche. Costantemente presente il rischio da radiazioni ionizzanti. Frequenti in tutta la fabbrica sono malattie dell'apparato respiratorio, bronchiti ed asma in particolare, malattie dell'apparato gastrointestinale, gastriti e coliti: diffusissime le nevrosi. Il servizio medico di infermeria e pronto soccorso è organizzato in modo tale che in caso di infortunio la vittima viene accompagnata all'ospedale dai pompiere di servizio, per di più addetto alla guida dell'automezzo. Il servizio sanitario è rappresentato da un solo medico presente per due ore al mattino (quello attuale che sarà tra breve sostituito per raggiunti limiti di età, è ed è stato per anni spesso messo in condizioni di non svolgere la mansione). Ugualmente preoccupante é la situa zione dell'Italcementi da cui pochi lavoratori riescono ad uscire per godere la pensione. I 470 addetti sono nella totalità turnisti esposti a elevatissima polverosità con presenza di silice, e a rumori assordanti; il lavoro si svolge inoltre all'esterno con esposizione alle intemperie. Le materie prime sono pietra calcarea, gesso, sabbia, pozzolana, grafite, che vengono macinate in mulini i cui mezzi di protezione acustica lasciano molto a desiderare e non vengono rinnovati dall'azienda. Dai mulini il materiale viene avviato ai formi dove, alla temperatura di oltre 1000° almeno parte della silice assume forme cristalline più pericolose per la salute. Il materiale cotto viene avviato ad altri mulini dove si produce il cemento, in cui, sia pure in basse concentrazioni è ancora presente silice. I mulini sono dotati di filtri la cui manutenzione è inadeguata. La quasi totalità dei lavoratori accusa sordità da rumori, bronchite cronica, mentre frequenti sono i casi di silicosi riconosciuti dall'Inail. Al di fuori della fabbrica la situazione non è migliore. Colleferro si approvvigiona di acqua da tre pozzi situati a valle di un quartiere abitato; l'inquinamento di questo pozzo ha provocato recentemente la proibizione di usarne l'acqua per alcuni giorni. Inefficienti i servizi di medicina preventiva: non si sa di quali malattie soffrano gli abitanti e quali siano le cause di morte prevalenti. In ordine a ciò si segnala che sta per iniziare una ricerca epidemiologica del «Centro di ricerca sperimentale e informazione per la salute» recentemente costituitosi a Roma per iniziativa di quadri operai, ricercatori e operatori nel campo delle salute che prende l'avvio da una segnalata incidenza, superiore alla media nazionale, di tumori all'intestino e ai polmoni nella zona di Colleferro e dintorni per un raggio di 15 Km circa. La medicina scolastica è svolta da medici consulenti. La medicina del lavoro è affidata ai medici di fabbrica alle dirette dipendenze delle aziende. Le visite periodiche sono spesso insufficienti a evidenziare le malattie, come nel caso in cui si fa praticare la schermografia per ricercare la silicosi. A quanto di specifico denunciato si aggiungono le usuali carenze della medicina curativa, ambulatoriale ed ospedaliera. In un quadro politico generale caratterizzato dall'attacco padronale all'occupazione e ai livelli di vita, da ristrutturazioni selvagge all'interno della fabbrica (recentemente la Snia ha speso 10 milioni nel settore di impiego di esteri fosforici, ma resta da verificare se tale investimento garantisce l'eliminazione dei rischi), dal ricorso eccessivo agli appalti, appare indispensabile il collegamento orizzontale tra le diverse situazioni operaie; significativo, quindi l'intervento, maturato dopo prolungate discussioni che hanno occupato un'intera giornata, di membri del Consiglio di fabbrica della Snia all'assemblea romana di Medicina Democratica il 29 febbraio e l'impegno dichiarato pubblicamente di proseguire l'azione intrapresa: così il 22 marzo, alla Camera del Lavoro di Colleferro si andrà alla prima riunione preparatoria di assemblee di gruppo omogeneo.
Relazione introduttiva del Convegno meridionale di Medicina Democratica, Napoli 22-2-’76 La proposta di costruire Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, nasce dalla necessità di aggregare tutta una serie di esperienze di lotta sul tema della salute e più in generale sulla qualità della […]
Archivio storicoRelazione introduttiva del Convegno meridionale di Medicina Democratica, Napoli 22-2-'76 La proposta di costruire Medicina Democratica, movimento di lotta per la salute, nasce dalla necessità di aggregare tutta una serie di esperienze di lotta sul tema della salute e più in generale sulla qualità della vita che la classe operaia e le masse popolari hanno condotto in questi anni. Noi crediamo che questo sforzo di aggregazione non sarà semplice, perchè anche troppo radicata è u- na sorta di privatizzazione delle molteplici esperienze di lotta sul tema della salute che si sono svolte nel territorio. Ma quello che ci deve spingere in questo lavoro è la constatazione che la nostra cre- scita organizzata non è solo un'esigenza degli «addetti ai lavori», ma un'esigenza montante del movimento operaio verso il quale sempre più puntuali si fanno le nostre responsabilità di operatori sanitari. Medicina Democratica trova il suo preciso spazio storico come strumento intelligente delle necessità che il movimento operaio e le sue organizzazioni rivoluzionarie esprimono sul terreno della salute. Democrazia allora non come intesa contrattata tra «diverse opinioni» sul modo di produrre la medicina per chiunque, ma demo- crazia come subordinazione al movimento operaio considerato co- me soggetto storico, democrazia come rifiuto di considerarci an- che noi nella veste di «compagni tecnici come delegati storici a risolvere il problema della salute. Il rifiuto della delega nasce dalla convinzione che lo sviluppo di una prestazione sanitaria soddisfacente per le masse popolari e garantito solo dal controllo permanente ed attivo in sede di politi- ca sanitaria da parte del movimento operaio. Noi consideriamo la professionalità non come delega irreversibile ma come un contratto sociale tra le masse popolari ed un settore dei servizi sociali la cui funzionalità tecnica è totalmente subordi- nata alla domanda sociale complessiva. Medicina Democratica rifiuta il concetto di delega che la classe medica ritiene di aver per grazia divina, perchè ritiene la medicina un'operazione tecnica immediatamente politica. Il movimento o- peraio su questo terreno non deve concedere deleghe a nessuno, anzi sempre più deve cotrapporre al controllo «per delega» della borghesia, il controllo politico diretto del suo movimento organiz- zato. Medicina Democratica privilegia la lotta per la salute: la borghesia ha una visione riduttiva e secondaria della salute che viene considerata operativamente lo stato di non malattia. Rimane invece basilare per la borghesia la malattia-merce come centro della prestazione contrattazione sanitaria. Ma nello spazio ampio della non malattia si situano vari tipi di salute, ognuno dipendente unicamente dal potere di contrattazione sociale che le classi sanno produrre. Non malati, quindi sani, sono per la borghesia le operaie para- lizzate dai collanti quando dopo tre anni di cosiddetta terapia rie- scono a resistere per qualche tempo in posizione eretta, non malato è l'operaio della Grace Italiana, che sollevando carichi di 50 chili per volta,è stato «briliantemente» operato due volte di ernia del disco nel giro di un anno; non malato l'operaio della Siccet che da dieci anni soffre di male asmatico da allergia ai micofiti del legna- me per la semplice ragione che le malattie allergiche non sono in- serite nell'elenco delle tecnopatie, non malati e quindi sani i lavo ratori della ghisa dell'Olivetti di Marcianise perchè per la «nostra» Legge la ghisa è un materiale inerte, non malati e quindi sani i compagni disoccupati, i sottoccupati, i lavoratori al minimo vitale di salario, perchè la fame non è considerata malattia; non malati i morti sul lavoro perché loro almeno hanno avuto il buon senso di sparire. Ma quanti in questa schiera di non malati, rifiutati dalla medicina ufficiale, quanti di loro sono sani? Partire dalla salute, lottare per la salute significa partire dall'indagine della qualità della vita, dal diritto alla vita, non più come semplice diritto alta sopravvivenza animale, significa più semplicemente dire che la salute è un prodotto materiale storicamente definito nella società in cui viviamo e come tale si contratta di un terreno politico più generale dello scontro di classe. dello scontro di classe. Solo cosi possiamo capire perchè il padrone e i suoi servi fedeli sostengono che la salute dell'operaio è la sua piena capacità ad essere spremuto sul posto di lavoro nel pieno rispetto delle sacre necessità della produzione; così non ci stupiamo che la vita media degli operai degli zuccherifici del nord nel 1911 era di 35 anni così come si ritiene salute avere qualche dito in meno, qualche scheggia negli occhi, qualche aborto provocato dal tipo di lavoro (come nella manifattura dei tabacchi). Ma padroni e i loro servi gettando fiumi di inchiostro per spiegare che la colpa di tutto questo assenteismo è una strana forma di disaffezione al lavoro. Ma ben diverso è il concetto che essi nutrono della propria salu- te, sapendo di poter prendere ben altre prestazioni dall'istituzione sanitaria, a partire dal proprio potere sociale in quanto classe. Questa stessa borghesia dopo aver messo il cappio al collo della scienza e della medicina pretendono e e sostengono che que- ste discipline siano sempre pure e neutrali quasi per naturale voca- zione. Ma per noi la medicina come ogni altra operazione calata nel sociale si identifica come prodotto materiale di una società di- visa in classi dove non esiste una domanda omogenea di beni sociali ma una domanda differenziata, contrattata a partire dai rapporti di forza e di violenza che le classi parassitarie impongono con la violenza consolidata delle norme e delle istituzioni alle classi socialmente produttive. Anche la medicina che noi esercitiamo e subiamo vive ben dentro questi rapporti di produzione e come tale è considerata oggetto di mercificazione sottoposto alle leggi della domanda e dell'offerta. In questa realtà sociale che esaurisce le sue leggi civili nelle leggi di mercato, la medicina ha un suo valore e la qualità dell'of- ferta (la prestazione sanitaria) è proporzionale alla qua lità della domanda dove per qualità intendiamo la forza di una classe, il suo potere sociale fondato sullo sfruttamento e sull'oppressione. Il controllo della borghesia sulla medicina così come quello sulla magistratura e più in generale sulle istituzioni «neutrali» avviene non attraverso un vincolo formale diretto ma attraverso il libero manifestarsi di non liberi rapporti di produzione nella società. Per questa ragione la borghesia per difendere il suo interesse nei singoli settori istituzionali non trova necessario lottare per una medicina borghese; tale primato le è garantito dal primato generale della sua dittatura sul terreno economico-produttivo. Cosi noi vediamo la borghesia attestarsi ideologicamente in difesa dell'autonomia e della neutralità della medicina. Ma che senso ha parlare di autonomia in questa società se non quello di una falsa visione della medicina come un'entità che si autogestisce al di fuori delle classi della storia? in realtà tale vocazione di autonomia e di neutralità che la borghesia esprime nei confronti dei suoi prodotti storici nasce dalla necessità di disincagliare dalla conflittualità crescente della lotta di classe la medicina, per mantenere puntualmente il proprio primato. Alla «neutralità» della medicina borghese, Medicina Democratica contrappone la subordinazione alla domanda di salute che nasce dalle lotte del movimento operaio nella fabbrica, nel territorio, che vanamente si cerca di confinare in una periferia politica che è la periferia del potere e della spoliazione dei diritti. Questa domanda prorompente, sempre più a fatica compressa dalle istituzioni sanitarie, a causa della sua frammentaria episodicità, riesce con estrema difficoltà a trovare forme e canali di espressione nelle stesse organizzazioni di classe che spesso manifestano timidezza di risoluzioni, per non parlare della rabbiosa cecità e sordità della classe medica arroccata dietro i propri privilegi e barricata dietro il suo Ordine Corporativo. Questa è la domanda degli operai del reparto verniciatura e schiumatura dell'Alfa Sud che per difendere la loro salute dal tanfo e dai solventi tossici si rifiutano di lavorare, «Scioperi selvaggi» dice il padrone e anche qualche sindacalista prudente. Questa è la domanda dei quartieri popolari che sono scesi in lot- ta durante il colera portando la loro rabbia per le strade di Napoli chiedendo migliori condizioni igieniche. Questa è la domanda del comitato delle famiglie delle ragazze colpite dai collanti che solo con la lotta hanno ottenuto che l'Inail riconoscesse la polinevrite come malattia professionale. Questa è ancora la domanda che le donne, in lotta per ricomporre la loro presenza come soggetto nella storia, esprimono per garantirsi il diritto alla generazione volontaria attraverso i consultori autoge- stiti e l'aborto libero e gratuito. Questa è ancora la domanda di Medicina Democratica che nasce nelle caserme, nelle carceri, nei corridoi affollati delle varie Mutue, nelle estreme periferie dei diritti civili. Rispetto a questa domanda emergente, che si identifica nelle prime forme organizzate di base, che fino ad ora ha trovato indifferenza e timidezza di risposta dalla sinistra ufficiale fino a giungere a penose mediazioni a livello di accordi di vertice come sulla proposta di legge sull'aborto; rispetto a questa domanda noi vogliamo esistere come organizzazione di tutti coloro che operano nel settore sanitario e riconoscono nel problema della salute un momento permanente di impegno politico. Rispetto a questa domanda non siamo neutrali, ma profonda- mente subordinati, tesi a sviluppare una forma nuova di intelligenza dei bisogni reali delle masse sul terreno della salute, a compattarci con esse per una lotta a fondo contro tutte le istituzioni consolidate della medicina repressiva della borghesia, chiedendo lo scioglimento dell'Ordine dei medici che da sempre porta avanti una disgustosa politica di difesa degli interessi economici della categoria sulle spalle dell'utenza popolare mentre, con celere solerzia, attacca ed emargina quei pochi medici che si ribellano come dimostrano recentissimi episodi contro i compagni Basaglia e Carrino sui quali il movimento darà una risposta di lotta. Ma sul come intendere questo processo di subordinazione, deve essere fatta estrema chiarezza traendo insegnamento dalle c- sperienze passate. In primo luogo rifiutiamo la subordinazione intesa in una di- mensione puramente tecnico-sanitaria: siamo cioè contrari ad o- gni forma di istituzionalizzazione più o meno sofisticata di ambu- latori rossi gestiti da compagni medici per le masse popolari per i seguenti motivi, 1] il tecnico viene vissuto dalle masse non come politico ma come medico fondamentalmente, creando l'illusione che la qualità della prestazione sanitaria non dipende dall'ordine sociale costituito, ma dalla singola volontà del soggetto in un mondo che comunque si divi- de in buoni e cattivi; 2] questa linea alla lunga castra le lotte popolari perché elimina l'o- biettivo di fondo che è il controllo politico sulla medicina e non una medicina autonomamente politica. 3) in questo modo contentando qualche minimo settore della do- manda popolare, quietando qualche coscienza rivoluzionaria, si a- gisce da calmiere delle lotte politiche e si tolgono le castagne dal fuo- co alla borghesia. Fatto salvo questo discorso generale noi pensiamo che esistano però, sul terreno contingente tattico, delle occasioni per costruire una prestazione sanitaria autogestita dal movimento come mo- mento dirompente rispetto alla medicina borghese, come testimo- nianza di una possibile gestione politica alternativa della medicina per compattare sul terreno della lotta vaste masse popolari. È in questa prospettiva che vediamo l'esperienza dei consultori autogestiti ed i vari centri per l'aborto libero e gratuito che il mo- vimento femminista è riuscito ad organizzare in diverse situazioni di lotta. A queste esperienze di lotta, di testimonianza alternativa episodi- ca,deve però far seguito attraverso il dilagare di una lotta genera- lizzata un livello superiore di controllo politico che è quello della graduale subordinazione delle strutture esistenti e di quelle a venire (unità sanitarie locali, ospedali, consultori) al controllo istituzionalizzato permanente delle fasce di utenza popolari finora escluse da ogni forma di controllo e decisione. Non cerchiamo quindi una subordinazione tecnica ma una subordinazione politica a partire dal problema specifico della salute, il cui soggetto noi riconosciamo nella classe operaia e nel suo movimento organizzato ma anche non schematicamente in tutta una serie di lotte emergenti che esprimono sul terreno della salute ceti e strati sociali sempre più compressi dai rapporti di produzione di una società capitalista sempre meno capace di calvalcare le proprie contraddizioni. Noi riteniamo che tale subordinazione politica non può essere vis- suta come pura passività rispetto a quello che è il dettato ufficiale sia dei partiti che delle organizzazioni sindacali. Questo perchè spesso su questo terreno la voce della sinistra ufficiale è alla coda del malcontento e delle lotte, tesa, in una logica che mette al primo posto le mediazioni di vertice e la cogestione nelle istituzioni sanitarie esistenti, a mantenere forme di più equo equilibrio con le strutture di potere sanitario, Ricordiamo infatti l'esperienza fallimentare di Nuova Medicina che cercava di aggregare con una logica di vertice medici benpensanti per gestire con un'etichetta di sinistra la riforma sanitaria Così ricordiamo il penoso patteggiamento sull'articolo 5 della pro- posta di legge sull'aborto. Così dobbiamo ricordare l'azione sindacale che ha snaturato completamente l'articolo 9 dello Statuto dei Lavoratori. Tale articolo infatti garantisce la possibilità da parte dei lavoratori di controlla- re direttamente la propria salute nell'ambiente di lavoro mediante loro esperti: ebbene tutti i contratti di categoria stipulati successivamente prevedono controlli paritetici tra direzione aziendale e lavoratori sottraendo alla classe operaia un diritto conquistato. Noi consideriamo questa linea della delega e del compromesso di vertice perdente sia sul terreno tattico che strategico, come dimo- strano questi sei anni di applicazione parziale e concordata del- farticolo 9, mentre vogliamo privilegiare la forma di gestione po- litica diretta da parte dei lavoratori e delle loro organizzazioni di base sul tema della salute. La nostra subordinazione non è quindi una forma di rapporto passivo di chi aspetta dal cielo i sacri comandamenti, ma una subordinazione attiva che è la capacità critica autonoma di valutare la domanda e la sua reale affinità con gli interessi della classe e delle masse popolari, che consiste nel sollecitare una presa di co- scienza da parte delle masse delle forme di oppressione che passa- no attraverso i canali della medicina ufficiale, di fornire strumenti e dati perchè il movimento operaio conduca con il massimo livello di conoscenza la sua lotta nei modi e nei tempi che si saprà scegliere. Rivendichiamo quindi come movimento un nostro spazio politico autonomo all'interno del più generale scontro politico di classe, uno spazio non neutrale ma di subordinazione attiva e critica nei confronti dei movimenti di base e delle forze politiche che ne sono espressione sul terreno della lotta per la salute. In questo spazio non esistono per noi i soggetti e gli oggetti, i gestori ed i fruitori della prestazione sanitaria, ma più complessiva. mente come movimento politico per la salute uno spazio che è quello aperto dalla militanza politica sul tema della salute da par- te non solo degli operatori sanitari (medici, infermieri, portantini, ricercatori ecc.) ma anche dei rappresentanti delle fasce di utenza che lottano per una medicina al servizio delle masse. Per i nostri militanti riteniamo vincolante l'adesione ai punti espressi nella mozione-documento del gruppo della Montedison- Castellanza: a. non delega della salute ai tecnici. b. preminenza della soggettività operaia c. principio della validazione consensuale dei dati tecnici espressa dal gruppo omogeneo d. rifiuto della monetizzazione della nocività e del rischio e. centralità e significato politico-scientifico del gruppo operaio o- mogeneo come unità di base per lo studio, la ricerca, la lotta con- tro la nocività in fabbrica f. accettazione integrale dell'attività a tempo pieno. Vogliamo però chiarire che la tendenza ad unificare il militante di Medicina Democratica a partire da ruoli differenti codificati dalla divisione del lavoro della nostra realtà sociale, non intende liqui- dare in un sol colpo con un salto ideologico le reali differenze di classe che esistono in questi ruoli nel cui arco passa, per lo meno oggettivamente, la linea di demarcamento tra sfruttati e sfruttatori. Ciò perchè non crediamo assolutamente in una idilliaca opera- zione di interclassismo alla buona, o peggio in una tendenza generale alla proletarizzazione di ceti della borghesia all'interno del- l'ordine borghese.
RIVISTA n.1 mozione del Consiglio di Fabbrica Montedison di Castellanza; del Gruppo permanente di lavoro per la tutela della salute; del Centro Medicina Pre- ventiva del lavoro di Castellanza così composto: – Gruppo di prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di Fabbrica Tintoria Candeggio Azimonti […]
Archivio storicoRIVISTA n.1 mozione del Consiglio di Fabbrica Montedison di Castellanza; del Gruppo permanente di lavoro per la tutela della salute; del Centro Medicina Pre- ventiva del lavoro di Castellanza così composto: - Gruppo di prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di Fabbrica Tintoria Candeggio Azimonti di Olgiate Olona: - Operatori sanitari dei Servizi di Cardiologia Preventiva e Fisiopatologia Respiratoria del C.P.A. di Milano; - Gruppo di prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di Fabbrica della Montedison di Castellanza; Operatori sanitari di Medicina 1 e del Pronto Soccorso e Terapia Intensiva dell'Ospedale di Legnano: - Gruppo di prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di Fabbrica Officina Meccanica Brena di Castellanza; Tecnici sanitari dell'Istituto di Biometria dell'Università degli Studi di Milano; Gruppo di Prevenzione ed igiene ambientale del Consiglio di Fabbrica Enel di Castellanza; - Tecnici della salute del Centro di Medicina preventiva del lavoro di Castellanza. Il Movimento Operaio negli ultimi anni ha elaborato, praticato e socializzato lotte, esperienze e metodi politico- tecnici di intervento contro la nocività dentro e fuori la fabbrica e per la salute. Inoltre ha anche realizzato un cor- refto rapporto tra gruppo operato e tecnici sulla base di: a. non delega della salute ai tecnici, ma gestione operaia in prima persona della stessa attraverso l'egemonia sui tecnici; b. preminenza della soggettività operaia; c. principio della validazione consensuale dei dati tecnici strumentali [ambientali e clinici] espressi dal gruppo operaio omogeneo di lavorazione; d. rifiuto della monetizzazione della nocività e del rischio confermata degli impianti nocivi per la loro bonifica, mantenendo integra la retribuzione e l'occupazione operaia; e. centralità e significatività politico-scientifica del gruppo operaio omogeneo come unità di base per lo studio, la ricerca e la lotta contro la nocività dentro e fuori la fabbrica. A partire da queste premesse il movimento di lotta si è sviluppato ed ha fatto notevoli passi sulla strada della promozione e della prevenzione nonchè dell'attacco all'organizzazione e la capacità di gestione autonoma da parte della classe operaia [costruzione del Consiglio di Fabbrica di Zona, ecc.). Contemporaneamente alle lotte in fabbrica e strettamente legate a queste, si sono sviluppate lotte per la salute di ampie masse popolari nel territorio con la costituzione di Comitati di Quartiere, Collettivi, Comitati di base del movimento che partendo dai bisogni reali delle masse popolari hanno conseguito obiettivi che, pur con tutti i limiti, vanno nel senso di miglioramento delle condizioni di vita e di la- voro che di fatto è antagonista al sistema esistente ed alle sue così dette «compatibilità». Inoltre è sempre in questi anni che si è sviluppata una notevole lotta nelle istituzioni: scuola, ospedali, enti pubblici, università, ecc., che saldandosi alle lotte operaie hanno creato nuovi spazi politico scientifici anche per i tecnici democratici che sono «dentro il movimento» e non solo «per il movimento», per la costruzione di una nuova scienza sulla base dei bisogni della classe operaia e delle masse popolari. Premesso questo, riteniamo indispensabile che si vada a breve termine alla costituzione di uno strumento di coordinamento della lotta e delle esperienze che il movimento dentro e fuori la fabbrica ha realizzato e sta realizzando al fine di permettere una sua ulteriore crescita ed unificazione su una linea politica che veda il controllo e la gestione del movimento sul problema della salute attraverso l'autogestione della stessa. Questo strumento del movimento viene individuato nella costituzione di «MEDICINA DEMOCRATICA MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE». La realizzazione di questo obiettivo che chiediamo che par- ta da questo convegno nazionale come espressione delle necessità attuali del movimento deve trovare la sua articola- zione nei seguenti momenti: 1. stesura di un'ipotesi di proposta da confrontare all'interno del movimento |C. di F., C. di Z., Collettivi e Comi- tati di base, Comitati di Quartiere, Organizzazioni Sindacali, Forze politiche della Classe Operaia, tecnici e ricerca- tori] realizzandone la maggior socializzazione possibile; 2. definizione della data di convocazione entro la fine del- l'anno, di una nuova riunione con la partecipazione di tutte le forze interessate; 3. realizzazione di un convegno nazionale costitutivo di Medicina Democratica sulla base della proposta politica che emerge dal confronto nel movimento; 4. realizzazione di uno strumento agile di informazione e formazione aperto alle realtà di fabbrica e del quartiere che viene individuato in una rivista mensile senza che ciò precla, ma anzi favorisca la realizzazione di analoghi strumenti a livello territoriale; 5. individuazione di un comitato promotore che sia come punto di riferimento per le forze che si muovono sull'ipotesi esposta e con fini organizzativi nei confronti dei punti precedenti. Psichiatria Democratica Magistratura Democratica Collettivo autonomo donne Apem romano Bettola Pozzo Cdf Archifar Milano CdfA.R.I, Caronno Pertusella Cdf Atos Cinisello Balsamo Cdf Azzimonti Olgiate Olona Cdf Bassani Varese Cdf Brena Castellanza Gruppo Prevenzione tutela salute di Castellanza Cdf Cemu Cinisello Balsamo Cdf Centaura Carpi Cdf Cev Venegono Cdf A. L. Colombi Milano Cdf Comet Opera Cdf Comet Trezzano sul Naviglio Cdf Coming Roma Cuz Varazze Savona Cdd Credito Italiano Milano Cdf Carlo Erba Milano Gruppo lavoratori casa di riposo Famagosta Milano Cdf Fantini & Cosmi Milano Cdf Farmila Settimo Milanese Federchimici Cisl Varese Fidac Cgil Varese Fabi (autonomo) Varese Gruppo Pia Cdf Filiberti Caiello Gruppo Pia Cdf Filiberti Cavaria Flm Legnago Flm Conegliano Flm Treviso Fim zona Varese Cdf Gelosia Gallarate Cdf. Formenti Milano Cdf Itis Busto Arsizio Cdf Lintas Milano Caf Montedison Castellanza Cdd Gaetano Negri Milano Cdf Sandoz Milano Cdf Ibi Milano Cdf Nuova Pignone Firenze Gruppo Ricercatori M. Negri Milano Cdf Olivetti Massa Carrara Gruppo Prevenzione salute Ortomercato Milano Gruppo Prevenzione e Igiene Pertusella Cdf Pang Born Europa Caronno Pertusella Cdf Philips sede Milano Cdf acciaierie Piombino Cdf Porto Venezia Venezia Cdf Rank Xeros Milano Cdf Rutital Lonate Ceppino Cdd Sacra Famiglia Cesano Boscone Cdf Saint Cobaint Milano Cdf Sarma S.R.A. Pogliano Mi Cdf Scaini S.S. Giovanni Cdf Siac Cavarra Cdf Siepa Milano Cdf Smi Fornaci di Barga Cdf Snam Progetti Milano Cdf Temi Cdf Tre Elle Tradate Cdf Vanguard Corsico Milano Collettivo democratico operatori lavoratori ospedalieri Biella Collettivo assistenza sanità Montechiari Comitato iniziativa medica democratica Bologna Collettivo operatori sanitari Bologna Democrazia Proletaria Magnago Vanzaghelli Collettivo Medicina Forlì Cdd. Gruppo lavoratori Policlinico Milano Cdd Ospedale Civile Brescia Cdd Niguarda Milano Sessione sindacale Cgil Niguarda Milano Sessione sindacale Uil Niguarda Milano Collettivo Democrazia Proletaria Niguarda Collettivo studenti Isef Collettivo studenti in Medicina Milano Comitato agitazione facoltà di Medicina Pisa Collettivo medicina Roma Collettivo M.L.S. Firenze Collettivo medicina Firenze Collettivo femminista di medicina di Firenze Collettivo femminista 8 marzo di B. Arsizio Commissione femminile Uil Milano Commissione femminile comunista di Rifredi. Firenze Gruppo femminista per il salario al lavoro domestico Ferrara Lega dei comunisti di Pisa Collettivo Medicina democratica Legnano Collettivo popolare di Rescaldina Collettivo politico S. Anna B. Arsizio Collettivo dei delegati ospedale di Legnano Collettivo politico di Vicenza Collettivo unitario di lotta per la salute Vicenza Collettivo contro informazione scienza Firenze Collettivo coordinamento operatori sociali Napoli Centro Sanitario popolare Secondigliano Collettivo operatori sanitari R. Emilia Collettivo operatori sanitari Trieste Servizio medicina democratica per la salute mentale Trieste Collettivo donne Cà Granda Milano Collettivo autonomo femminista Napoli Collettivo di quartiere Mater Domini Catanzaro Scuola popolare Bovisa Milano Comitato di quartiere Greco Milano Comitato di quartiere Ca' Granda Milano Comitato di quartiere Dergano Bovisa Milano Comitato di quartiere Bicocca Milano Collettivo politico Base di Borsano. A queste adesioni di Cdf e Cdd e Collettivi politici e femministi bisogna aggiungere altre 600 adesioni individuali.
RIVISTA n.1 MEDICINA DEMOCRATICAMOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE Nel momento in cui le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e delle masse popolari sono soggette ad uno degli attacchi più pesanti del dopoguerra da parte del capitale, dalla crisi politica ed […]
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MEDICINA DEMOCRATICA
MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE
Nel momento in cui le condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e delle masse popolari sono soggette ad uno degli attacchi più pesanti del dopoguerra da parte del capitale, dalla crisi politica ed istituzionale emerge l’esigenza di una definizione e di una gestione diversa, anticapitalistica e proletaria delle soluzioni a tanti problemi, tra cui quello della salute. L’attacco alla salute delle masse come momento per battere la classe operaia rientra nel più vasto disegno della borghesia, che è quello di distruggere politicamente il proletariato e i suoi livelli di organizzazione in fabbrica e nel territorio. Il capitale monopolistico ed il regime dc, che ne garantisce gli interessi, non sono solo la causa dello sfruttamento che genera immiserimento e malattie, ma sfruttano queste stesse malattie per trarne profitto.
Ciò avviene attraverso le Mutue, assetto parassitario del capitale finanziario, attraverso il finanziamento pubblico delle strutture sanitarie private, attraverso la difesa di tutte le forme individuali di speculazione sulla salute (corpora zioni mediche, baroni), il sostegno al capitale monopolisti co farmaceutico e l’ingresso del capitale industriale (Fiat, Montedison), tra i principali sfruttatori della classe operaia, nei più moderni aspetti dello sfruttamento delle malattie (Centri Diagnostici, Check up, ecc.)
L’attacco all’occupazione e l’intensificazione dello sfrutta mento si accompagna ad una violenta campagna sull’assenteismo e si avvale dell’uso selvaggio della mobilità interna ed esterna alla fabbrica.
Costruire e rafforzare il movimento di massa per la salute vuol dire sconfiggere questa politica, difendere la rigidità della forza-lavoro, sviluppare la lotta all’organizzazione capitalistica del lavoro, difendere ad ogni costo la lotta arti colata di fabbrica e nel territorio, sviluppando tutte le for me di organizzazione delle masse, smascherare la mistificazione che con l’assenteismo nasconde la distruzione della salute dei lavoratori.
L’esigenza per la classe operaia di difendere a livello di massa ed in prima persona la propria salute è ulteriormente rafforzata dal crollo delle ultime illusioni sulla Riforma sanitaria, svuotata di ogni contenuto, ridotta a parola che ormai significa solo truffa e ristrutturazione in direzione antiproletaria dei livelli di potere sanitario del capitale e dal fallimento della politica dei confronti globali tra vertici sindacali e governo.
In particolare anche il progetto attualmente in discussione in Parlamento non fa che peggiorare ulteriormente questa linea di tendenza.
Occorre rifiutare coscientemente ogni illusione di gestione delegata della salute e costruire e rafforzare, invece, l’organizzazione diretta delle masse in difesa dei propri interessi.
In tal senso la presenza di rappresentanti sindacali nei Consigli di Amministrazione Nazionale, Provinciali e di sezione dell’INAM ed i rappresentanti della sinistra tradizionale nei consigli di Amministrazione degli ospedali non ha portato ad alcun collegamento con i lavoratori nè ha sortito alcun effetto tangibile nel modificare le condizioni di assistenza e spesso non è nemmeno riuscita ad impedire la speculazione e la corruzione.
perchè medicina democratica
Da questa constatazione e dalle esperienze che il movimento di lotta ha costruito a partire dal ́68 ad oggi, opponendo in fabbrica e nel territorio la lotta di classe, il punto di vi sta proletario sulla salute allo sfruttamento padronale, e merge la necessità di concretizzare in una proposta alter nativa ed in un programma di lotta unificanti è generalizzabili i contenuti di queste lotte. Si è trattato di lotte im portanti, disomogenee, spesso discontinue, a volte isolate, talora parziali, ma che mai sono state vissute e condotte come risposte meccaniche ad attacchi portati con strategica costanza. In esse era ed è presente la concezione della dife sa della lotta per la salute come conquista di più alti livelli di qualità di vita.
Compito del convegno promotore di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute, sarà la definizione delle linee politiche complessive su cui muoversi, verificandole costantemente nella pratica di lotta che il movimento e sprime. La classe operaia e le masse popolari organizzate
su una linea politica proletaria affrontano criticamente la realtà, lottano per trasformarla; in tal modo costruiscono scienza alternativa alla «scienza» borghese.
Poichè ciò è uno degli obiettivi e dei compiti del movimento operaio con questo strumento di lavoro si vuole contribui re, in questa prospettiva, all’omogeneizzazione delle inizia tive di lotta, alla socializzazione delle esperienze realizzate e all’individuazione di obiettivi che devono essere la con creta ossatura di questo programma alternativo per la salute.
scopo della rivista
Con questo periodico che è e deve rimanere strumento di lavoro e di coordinamento e non tribuna di opinioni voglia mo arrivare al pieno utilizzo, ed in alcune situazioni anche al recupero, di tutte quelle esperienze di lotta che si svilup pano sui numerosi fronti della salute, dalle fabbriche alla casa, dai quartieri agli ospedali, dalle caserme alle donne organizzate. Il movimento ha bisogno che questo spazio sia aperto a contributi di massa e collettivi, provenienti da si tuazioni di lotta e di scontro nel reale.
È necessario arrivare a riqualificare nelle lotte il lavoro di quanti finora hanno compiuto la scelta di lavorare per il movimento, aprendo a chi lo vorrà gli spazi per operare fi nalmente al suo interno.
Per questo abbiamo scelto di chiedere, a quanti fra i tecni ci vorranno collaborare a questo progetto, di rinunciare in nanzitutto a gestire contro o anche senza le masse proleta rie qualsiasi conoscenza, influenza e potere che l’attuale organizzazione e divisione del lavoro e della società capita listica conferisce e delega loro.
È necessario che al centro di questo lavoro e di questo progetto stia l’affermazione e la pratica conseguente degli obiettivi che il movimento operaio si è dato in questi anni di lotte per la salute: rifiuto della delega, centralità della soggettività operaia, rifiuto della monetizzazione, valida zione consensuale, in sostanza autogestione e controllo di retto delle iniziative sulla salute. Partendo da questi pre supposti è compito del movimento giungere ad aggregare la classe operaia, gli strati proletari sfruttati, le centinaia di migliaia di emarginati, le donne ed i soldati organizzati in un blocco di alleanze sociali che necessariamente si con trappongono frontalmente al regime democristiano e a qualsiasi ipotesi di compromesso con esso.
le tappe per la formazione del movimento
30 novembre 75 Assemblea Nazionale dei medici democratici: i consigli di fabbrica che fanno capo al «Gruppo Permanente di Lavoro per la Tutela della Salute di Castellanza» presentano la mozione (riportata a pag. 2) di pro posta di fondazione del movimento di lotta per la salute come superamento del «Comitato Medici Democratici»; viene immediatamente costituito un comitato promotore nazionale; si firma una prima mozione sull’aborto. Alla se de provvisoria, presso l’Istituto di Biometria di Milano in via Venezian 1, cominciano a pervenire le prime adesioni (a pag. 3 si riportano quelle dei C.d. F., di organismi di massa e collettivi) fra le quali quelle di Magistratura Democratica e Psichiatria Democratica.
20 dicembre ’75, 1° Preconvegno Nazionale di Medicina Democratica.
La relazione introduttiva è tenuta dal C.d.F. della Monte dison di Castellanza (la relazione è stata riportata intera mente dal Quotidiano dei Lavoratori del 22/12/75). Questo preconvegno vede la partecipazione di centinaia di lavora tori, tecnici, studenti, operatori sanitari ecc, Da tutti gli interventi (alcuni riportati in questo numero della rivista) emerge la volontà unanime di arrivare al più presto alla formazione del Movimento, Si allarga il Comitato Promotore che, nella sua prima lettera diffusa a livello nazionale alle forze che lottano nel movimento per la salute.
pone 4 punti discriminanti per l’adesione al movimento stesso : a) rifiuto di qualsiasi ruolo di repressione e controllo socia le da parte della medicina e dei suoi operatori (vedi mozio ne sull’aborto votata il 30.11.75);
b) non delega della salute e affermazione del primato della soggettività operaia;
e) controllo operaio e popolare sulle istituzioni sanitarie; d) adempienza del tempo pieno, immediatamente nell’e sercizio del lavoro ospedaliero e prospettivamente nello svolgimento delle altre attività sanitarie, con il superamen to della libera professione.
Da questo momento i Convegni regionali e interregionali, si susseguono ad un ritmo che lo stesso Comitato Promoto re Nazionale non riesce a seguire.
Prima Bologna, Aosta, Genova, Padova quindi Napoli, poi Roma, Palermo, Catania, Pavia, Torino, Lecco. Ognuno di questi convegni è un momento di crescita per tutto il Movi mento, è un momento di proposta, di esperienze e di verifica nella pratica delle stesse. In questi convegni ogni situa zione di lotta: C.d.F., Comitati di Quartiere, Movimento Femminista o di studenti ha portato relazioni, metodologie d’interventi, proposte di generalizzazione di lotte parziali, obiettivi da percorrere. Il difficile compito della redazione di questo numero zero della rivista del Movimento è stato proprio quello di operare una selezione in mezzo al gran numero di relazioni pervenute. I limiti di spazio (32 pagine) e di tempo (meno di un mese per preparare questo nume ro), le scontate difficoltà tipografiche, il costante «pessimismo della ragione» hanno condizionato in modo negativo, secondo noi, questo numero zero.
L’ottimismo della volontà emerge però in ogni intervento ed è proprio in questa fiducia del Movimento e nel Movi mento, che si svilupperanno sempre meglio i numeri suc cessivi. La selezione ha portato a dover eliminare, per ora, contributi importanti. La redazione definitiva, che sarà e spressa dal Convegno Nazionale di fondazione del Movi miento, dovrà farsi carico di diffonderli. L’obiettivo di que sto numero era quello di fornire un quadro più possibile ampio di documenti «ufficiali» di Medicina Democratica a fianco di documenti del Movimento su alcuni dei temi più importanti su cui la lotta è già in corso. Questo abbiamo fatto, cercando di superare tutte le difficoltà che di volta in volta abbiamo incontrato.
Il limite maggiore forse di questo numero è la disomogeneità, ma non era compito nostro superarla; questo sarà il primo compito che il Movimento con questa rivista dovrà porsi, facendola diventare momento non solo di socializza zione, ma anche di omogeneizzazione delle lotte, perchè queste traggano sempre maggiore incisività dalla verifica e dal confronto, per diventare uno strumento di lotta in più nelle mani del Movimento e quindi realizzare condizioni di salute sempre più adeguate alle esigenze della classe operaia e delle masse popolari, come momento intermedio per la realizzazione definitiva del proprio benessere attraverso l’eliminazione delle cause del malessere della perdita di salute attuali.
SOMMARIO
Editoriale
Movimento:
La mozione di Castellanza - Milano 29/30 novembre '75
Introduzione al Convegno di Napoli 22 febbraio '76
Fabbriche:
Colleferro: si organizza la lotta contro la nocività.
Droga:
Contributo di M.D. di Pavia
Assistenza:
Emarginazione e scuole speciali
Militari:
Per la difesa della salute in caserma
Sindacato:
Salute e territorio
Quartiere:
Lotte per la salute a Secondigliano (Na)
Controllo popolare sulla refezione scolastica della Bovisa (Mi)
Handicappati:
Documento del Comitato Unitario Handicappati di Genova
Donne:
Consultori delle donne e per le donne - Documento del CRAC di Roma